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Collettivo Antigone, Francesco Malavolta, I Giorni della Memoria 2019, Maria Grazia Patania, Sea Watch
Domenica 27 gennaio 2019 il sole si è infilato fra le nuvole e ha riscaldato la costa fra Augusta e Siracusa dove da giovedì staziona la Sea Watch 3 che ha qui cercato riparo dal maltempo in arrivo. Dopo un salvataggio in mare e il recupero di 47 persone (fra cui, dopo l’assenza di risposte sul da farsi e con l’avvicinarsi del maltempo, la nave ha deciso di avvicinarsi all’Italia nella speranza che il Diritto Internazionale fosse rispettato e venisse assegnato un porto sicuro per lo sbarco. Mentre le temperature si abbassavano, il vento ruggiva e la pioggia sferzava il ferro della nave, prendeva il via l’ennesima partita politica giocata sulla pelle delle persone.
A testimonianza del livello raggiunto dalla politica nazionale e locale, sono cominciate infinite beghe per nascondere i veri problemi della Sicilia e dell’Italia in generale. A dimostrazione di come tutto sia ridotto a disumani cori da stadio, appena il Sindaco di Siracusa Italia si è mobilitato per dire che “la città è pronta ad accogliere”, da Augusta è iniziato un rumoroso teatrino per nascondere il sole con la rete e scaricare responsabilità. Per l’intera giornata di venerdì, quando la società civile si organizzava per dimostrare solidarietà alle persone a bordo, da Augusta arrivava la solita caciara di polemiche e l’accusa di “fomentare un clima di odio” per celare un perfetto allineamento con la linea di questo governo. Dopo, il silenzio. Dal 25 gennaio, non una parola ufficiale è stata spesa per chiarire cosa si pensa di fare per queste persone, non una qualsiasi espressione di solidarietà o indignazione per il modo in cui vengono trattate.
Nel frattempo, gli alunni e le alunne della Fondazione Inda hanno dedicato dei canti a chi rimane sospeso su un assurdo limbo durante il presidio del sabato mattina in cui sventolavano palloncini, aquiloni e striscioni. Foto e video sono stati inviati a chi era a bordo e i migranti hanno preparato uno striscione con scritto “Grazie per la solidarietà”. Quegli stessi canti, però, sono stati oggetto di triste scherno da parte dell’amministrazione della città di Augusta nelle stesse ore in cui il governo nazionale irrideva i ragazzi a bordo della Sea Watch 3 che approfittavano del sole per rimanere sul ponte della nave e riscaldarsi.
Nella derisione dei canti e nella burla ai migranti è condensato il male del nostro tempo: l’incapacità di riconoscere la Bellezza e coltivare l’empatia. Un canto espressione di libertà, vicinanza e solidarietà può essere ridicolizzato solo da chi ha totalmente perso ogni traccia di umana pietas. Un raggio di sole -come metafora del calore umano- può diventare oggetto di propaganda solo per chi disprezza la vita umana. Che dignità c’è nel prendersi gioco di ragazzi e ragazze che sentono di voler esprimere col canto il proprio dissenso? Che dignità c’è nel deridere un gesto spontaneo come quello di approfittare del sole in un giorno d’inverno mentre sei abbandonato in mezzo al mare dopo giorni di maltempo? Nessuna.
Nella tragedia di Antigone, Emone ricorda che “Lo Stato non è di un solo uomo”, ma Creonte in risposta chiede “Come? Non appartiene a chi comanda?”. A quel punto, Emone precisa “Saresti un bel sovrano in un deserto”. Ed infatti solo nel deserto dove si è smarrita l’umanità possono trovare posto politicanti di questo tipo, solo in un quadro di sconcertante abbrutimento si può collocare una simile povertà emotiva. Invece di sottolineare la mancata tutela dei diritti umani, l’ingiustizia subìta da ciascun migrante in Libia, ci si prende gioco di loro e di chi dimostra solidarietà. Invece di mobilitarsi affinché quelle persone, a pochi minuti dalle nostre coste, siano fatte sbarcare tempestivamente, si insultano i cittadini e le cittadine che si sentono personalmente oltraggiate da questa violenza gratuita e cercano di porvi rimedio. Invece di battersi a tutela dell’essere umano, si protegge la propria sconfinata inettitudine, mentre le celebrazioni della Giornata della Memoria quest’anno più che mai sembrano solo un’ironica farsa.
di Maria Grazia Patania