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Collettivo Antigone

~ Proteggere e custodire le leggi naturali di ogni essere vivente

Collettivo Antigone

Archivi della categoria: Islam

Le linee immaginarie si possono calpestare, le persone vanno salvate. Passaggio in Mali.

22 giovedì Mar 2018

Posted by cristallina555 in 2018, Anti-Militarismo, Arte, Collettivo Antigone, Cristina Monasteri, Decolonizzazione, Frontiera, Islam, Mali, Olocausto del Mare, Refugees Welcome, Senza categoria, Tornate a Casa Vostra

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Africa, aiutiamoli a casa loro, Amadou Toumani Touré, Amnesty International, Cissé Mariam Kaïdama Sidibé, Confine, Frontiera, Mali, Modibo Keita, Moussa Traoré, PIL, Risiko, Timbuctu, Timbuktu, Timbuktu Manuscripts Projects, Tornate a Casa Vostra, UNESCO

Le frontiere, materiali o mentali, di calce e mattoni o simboliche, sono a volte dei campi di battaglia, ma sono anche dei workshop creativi dell’arte del vivere insieme, dei terreni in cui vengono gettati e germogliano (consapevolmente o meno) i semi di forme future di umanità – Zygmunt Bauman

 

Guardo la carta geografica e, cercando il Mali, mi rendo conto di come siano lineari i suoi confini e quelli di molti altri paesi. Come se qualcuno, un bel giorno, avesse deciso di giocare a Risiko con l’Africa: “Toh! Da qui a qui è roba mia, oltre la linea è roba tua.”
Che cosa assurda i confini! Quando vengono tracciati con il righello, poi, mi rendo conto (ancor di più), di quanto siano arbitrari (e insensati). Certo, le etnie e le identità vanno riconosciute e rispettate; certo bisogna riconoscere ai popoli il diritto di appartenenza. Tutto vero, tutto giusto ma se l’idea di nazionalità per gli umani di serie B (i poveri), fosse un concetto utile a farli restare poveri laggiù, in un posto lontano che ci immaginiamo “con le capanne e i leoni della savana”?
Un posto lontano da noi “civilizzati” che i “nostri” poveri li multiamo per aver rovistato nella spazzatura (nella quale sicuramente troveranno i duecento euro per pagare la contravvenzione).

Non divaghiamo, oggi vi porto in Mali Continua a leggere →

Sudan. Una storia africana.

22 martedì Nov 2016

Posted by cristallina555 in 2016, Africa, Apolidia, Arruolamento forzato, autodeterminazione, Bambini soldato, Collettivo Antigone, Decolonizzazione, Disobbedienza, Esilio, Exile, Guerra, Islam, R-esistenza, Refugees Welcome, Restiamo umani, Senza categoria, Sudan

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Africa, Bambini soldato, Colonizzazione, Croce Rossa, Daoud Hari, Decolonizzazione, Egitto, Embargo, Equatoria, Etnie, Guerra, Guerra Civile, Stati Uniti d'America, Sudan, Suleiman Abakar Moussa, Unicef

Sudan: 1.886.068 chilometri quadrati divisi tra deserto, a nord e petrolio, a sud.
Gli abitanti discendono da gruppi etnici di Uganda, Kenya, Congo e del Corno d’Africa oltre che dagli immigrati provenienti dalla penisola araba.
Il nord del paese è abitato al 97% da musulmani, mentre a sud vivono cristiani e animisti.

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Mi rubarono l’anima a forza di botte. Verità per Giulio Regeni.

26 lunedì Set 2016

Posted by cristallina555 in 2016, Africa, Collettivo Antigone, Cristina Monasteri, Decolonizzazione, Desaparecidos, Disobbedienza, Giulio Regeni, Islam, Prigioni, R-esistenza, Restiamo umani, Senza categoria

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Collettivo Antigone, Cristina Monasteri, Egitto, Giulio Regeni, Parole

Giulio Regeni è nato nel 1988 ed è morto nel 2016. Giulio Regeni è nato il 15 gennaio del 1988, è scomparso il 25 gennaio 2016 ed è morto non si sa quando, non si sa dove, non si sa perché, però si sa come. Il corpo senza vita di Giulio Regeni è stato trovato in un fosso, ai lati di una strada che collega Cairo ad Alessandria, il 3 febbraio del 2016. “Sul suo viso, il male del mondo”. Queste le parole di una madre costretta a riconoscere un figlio morto. Giulio aveva appena compiuto 28 anni.

Il Collettivo Antigone si unisce all’appello di Amnesty International perché venga fatta luce, perché si restituisca verità per Giulio e per tutti i cittadini egiziani scomparsi dal 2015 a oggi.

Sul sito di Amnesty International si possono scaricare i file dello striscione e dei loghi per promuovere la campagna sui social network. Per firmare l’appello Stop alle sparizioni forzate in Egitto, potete cliccare qui.

Chi era Giulio Regeni?

Nato a Fiumicello in provincia di Udine Giulio studia al liceo classico Petrarca di Trieste che lascia a 17 anni, nel 2005, dopo aver vinto una borsa di studio per il Collegio del Mondo Unito, in New Mexico. Nel 2012 si aggiudica il Premio Europa e Giovani per il suo lavoro di ricerca sul Medio Oriente: si tratta di un concorso di respiro internazionale organizzato dall’Istituto Regionale per gli studi europei che lo studente vince anche l’anno successivo. Tra il 2013 e il 2014, Regeni lavora per la Oxford Analytica: una società di consulenza fondata nel 1975 che si occupa di analisi globale per clienti privati quali banche e assicurazioni e per governi, uffici ministeriali e governativi. Lasciata la Oxford Analytica per dedicarsi agli studi sul Medio Oriente, Giulio inizia a lavorare presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale e conduce una ricerca sui sindacati indipendenti presso l’Università statunitense del Cairo e con lo pseudonimo Antonio Druis pubblica alcuni articoli nei quali approfondisce la difficile situazione dei sindacati nell’Egitto di Al-Sisi.

Sul suo viso il male del mondo.

Il Segretario generale della Farnesina Valensise, dietro richiesta del Ministro per gli Affari Esteri Gentiloni, convoca l’ambasciatore egiziano che esprime il suo cordoglio e garantisce la massima collaborazione al fine di fare luce sulla morte del ricercatore italiano. In Egitto, invece, il generale Shalabi non sospetta alcun atto criminale dietro l’omicidio ma quando l’avvocato per la difesa dei diritti umani Mohamed Sobhy chiede di vedere il corpo, non gli viene permesso; inoltre l’uomo descrive un obitorio presidiato dalla Sicurezza Nazionale, inaccessibile. Secondo i risultati delle indagini preliminari, Giulio sarebbe stato investito. Vengono disposte due autopsie. L’esame condotto dal governo italiano produce un rapporto di 300 pagine, consegnato al Pubblico Ministero presso la Procura della Repubblica di Roma competente per i reati a danno degli italiani all’estero. Una relazione forense egiziana ufficiale, risalente all’1 marzo 2016, dichiara che Regeni è stato torturato per almeno una settimana. Sul corpo del ricercatore italiano sono stati trovati segni compatibili con calci, pugni e bastonate, segni di accoltellamento e diverse ustioni; ha subito più di ventiquattro fratture ossee: tutte le dita, gli arti, le costole, le scapole. Gli hanno sparato, l’hanno tagliato con dei rasoi, l’hanno accoltellato. Aveva una emorragia cerebrale. Giulio è morto dopo che gli è stata spezzata, infine, una vertebra cervicale. Il rapporto dell’esame autoptico condotto dalla parte egiziana non è ancora stato pubblicato. Il 24 marzo, quattro uomini vengono uccisi dalla polizia egiziana: individuati come responsabili della morte del nostro connazionale sono stati ritrovati in possesso di un borsone contenente gli effetti personali di Giulio: il passaporto, il tesserino dell’Università, la carta di credito. Successivamente, l’ufficio del procuratore di Nuovo Cairo nega il coinvolgimento della banda nell’omicidio. I sospetti ricadono sull’Agenzia per la sicurezza nazionale guidata dal ministro degli interni egiziano Magdy Abd el-Ghaffar: il movente sarebbe da ricercare nell’ambito delle ricerche condotte da Regeni in Egitto ma il presidente al-Sisi, a sua volta, accusa del crimine i Fratelli musulmani che avrebbero l’obiettivo di incrinare i rapporti tra i due paesi.

 

L’Egitto di al-Sisi; quando il cambiamento è reazionario.

Eletto nel 2014 con una maggioranza bulgara del 96,91%, al-Sisi è il sesto presidente della Repubblica Egiziana. Un macabro bilancio del suo governo per il solo 2015 conta tremila morti, sedicimila feriti, diciassettemila arresti e almeno millecinquecentocinquanta episodi di tortura. Al-Sisi ha posto tutta la credibilità del suo governo sul culto personale in quanto si ritiene la reincarnazione del secondo presidente egiziano, el-Nasser. Al potere tra il ’56 e il ’70, Gamal Abd el-Nasser, promulga una costituzione d’ispirazione socialista e di stampo panarabista. Infatti, nel 1956 nazionalizza la Compagnia del Canale di Suez scatenando un attacco militare da parte di Francia e Gran Bretagna, precedenti occupanti, e dell’alleato israeliano. In difesa dell’Egitto, si schierano invece Stati Uniti e Unione Sovietica. L’intervento dell’Onu calma le acque ma, quando nel 1967, el-Nasser blocca il traffico marittimo del canale verso Israele, quest’ultimo parte alla conquista della Cisgiordania, del Sinai e della Striscia di Gaza palesando le proprie intenzioni imperialiste nella Guerra detta “dei sei giorni”. Dopo la sua morte, gli succede il vice al-Sadat che governerà l’Egitto in un clima di forte repressione caratterizzata dal fenomeno degli arresti preventivi. Al-Sadat verrà insignito del Premio Nobel per la Pace nel 1978 per il raggiungimento degli accordi tra Egitto e Israele in seguito alla crisi generata dalla Guerra del Kippur che trova i suoi prodromi nella “guerra dei sei giorni”. Al-Sadat viene ucciso nel 1981 da un esponente della Jihad egiziana; gli succederà il suo vice Hosni Mubarak che resterà in carica fino al 2011. Il governo di Mubarak adotterà politiche economiche a favore del grande capitale e delle privatizzazioni nell’ambito del comparto pubblico dell’economia e riceverà molti aiuti economici dagli USA per essersi schierato contro l’Iraq durante la prima guerra del Golfo, nel 1991. Nel 2003, il presidente prenderà invece le distanze dalla seconda invasione dell’Iraq poiché ritenuta prioritaria la ricerca di una soluzione allo scontro tra Palestina e Israele. Dopo l’assassinio del suo predecessore, il nuovo presidente mantiene un regime costante di legge marziale. Fino al 2005 Mubarak verrà sempre rieletto dal Parlamento e sempre confermato tramite referendum ma, successivamente, farà approvare al Parlamento un emendamento per ampliare il numero dei candidati al governo del paese. La vittoria alle successive elezioni gli costerà comunque molte accuse di brogli elettorali. Tra il 2010 e il 2011 in Tunisia scoppia la Rivoluzione dei Gelsomini che, nel contesto della Primavera Araba, porterà voglia di cambiamento anche in Egitto dove, l’11 febbraio 2011 Mubarak rassegnerà le proprie dimissioni dopo quasi un mese di proteste e scontri a piazza Tahrir, durante i quali si contano seimila feriti e ottocentoquaranta morti. Nei mesi successivi l’Egitto viene guidato dal Consiglio Supremo delle forze armate (SCAF) che interviene sospendendo la Costituzione del 1971, sciogliendo il Parlamento e mantenendo lo stato di emergenza. Nell’attesa di giungere a nuove e libere elezioni, vengono inoltre rilasciate centinaia di oppositori di Mubarak e vengono aboliti i controlli sulla libertà di associazione e di stampa. Vengono poi sciolti i Servizi per le indagini sulla sicurezza dello Stato e lo stesso capo del SSI viene arrestato poiché ritenuto responsabile delle uccisioni di piazza Tahrir e per aver tentato di cancellarne le prove. Viene istituita la NSA, agenzia per la sicurezza nazionale, all’interno della quale vengono però riciclati molti funzionari del SSI. Il nuovo Parlamento a cui partecipano anche i partiti islamisti tra cui la Fratellanza musulmana, nomina un’assemblea costituente ma, poiché le elezioni del 2012 vengono giudicate incostituzionali, la camera viene sciolta e si torna alle urne. Vince il partito Libertà e Giustizia, strettamente connesso alla Fratellanza musulmana e Morsi sarà il primo presidente dell’Egitto eletto democraticamente in un paese in cui il Parlamento avrà una forte impronta islamista: l’obiettivo di Morsi è, infatti, quello di istituire uno Stato non teocratico ma che faccia comunque riferimento alla legge coranica. Aspetto positivo nell’organizzazione del nuovo governo risiede nel maggior coinvolgimento delle donne alla sfera pubblica ma molti confessano di aver votato per Morsi individuandolo come male minore in alternativa all’avversario Shafiq, ex Primo Ministro del governo Mubarak. Morsi vince con il 51% dei voti. Il neo eletto Presidente nomina al-Sisi, ex capo dei servizi segreti, a guida delle forze armate e del Ministero della Difesa. Quando il Parlamento, tramite decreto, rende gli atti di Morsi non impugnabili legalmente dalla Corte Costituzionale, in Egitto scoppia nuovamente il malcontento e a nulla potrà il referendum del dicembre 2012 che esprimerà parere positivo nei confronti della nuova Costituzione. Nel corso del nuovo anno, gli scontri tra sostenitori e avversari di Morsi si intensificano. A luglio, il Presidente verrà rimosso dalla sua carica e rimpiazzato da al-Sisi. Nonostante le proteste che lo accusano di golpe, al-Sisi riesce a sollevare una dimostrazione di massa in proprio sostegno, a favore delle forze dell’ordine e contro la minaccia del terrorismo. In Egitto viene imposto il coprifuoco, inoltre vengono regolamentate le riunioni pubbliche e viene sospeso il diritto a un giusto processo. I movimenti di protesta vengono dichiarati illegali e, visto il clima d’emergenza, ai militari vengono fornite in dotazione armi letali da impiegare contro i manifestanti non autorizzati. La Fratellanza musulmana viene dichiarata ufficialmente un’organizzazione terrorista e viene condotta una feroce repressione verso i sostenitori di Morsi il quale, dopo l’arresto, è detenuto in un luogo segreto. Gli oppositori del regime vengono arrestati, accusati di reati capitali e, dopo un processo sommario, vengono spesso condannati a morte. La lotta al terrorismo offre un valido pretesto per incarcerare attivisti e avvocati difensori dei diritti umani. Viene negato ogni diritto di espressione e nel maggio del 2016 avviene un fatto senza precedenti per la storia dell’Egitto: un’ irruzione nella sede del sindacato della stampa, fondato nel 1941, i cui alti funzionari vengono accusati di aver pubblicato false notizie. Durante il governo di al-Sisi vengono estromesse centinaia di funzionari della polizia, vengono uccisi giudici e pubblici ministeri: gli attacchi, rivendicati dal sedicente Stato Islamico, non fanno che acuire il regime repressivo instaurato dal nuovo Presidente.

Non esisti.

Il clima repressivo instaurato da al-Sisi è caratterizzato dal fenomeno delle sparizioni forzate di cui si è occupata Amnesty International nel documento Egitto: Ufficialmente non esisti – Scomparsi e torturati in nome della lotta al terrorismo.

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immagine di copertina del rapporto “Egitto: ufficialmente non esisti” 

 

Nel documento viene analizzato il fenomeno delle sparizioni forzate a partire dal contesto egiziano in cui le libertà sono limitate e la repressione è feroce. Nel biennio 2013-2014 si contano ventiduemila arresti, nel 2015 saranno dodicimila. A partire da luglio 2013 sono stati arrestati sessantamila dissidenti politici tanto che si è resa necessaria la costruzione di dieci nuove prigioni. Per quanto riguarda le sparizioni forzate, invece, non si possono fare bilanci precisi poiché il carattere stesso del fenomeno lo impedisce visto che si tratta di veri e propri rapimenti. Si stima che in Egitto avvengano almeno 3 o 4 sparizioni al giorno. Parliamo di sparizione forzata quando il rapimento avviene per mano di agenti statali che, anche se interpellati dai familiari della vittima, negano di averla in custodia; la detenzione ha una durata di almeno 48 ore in un luogo segreto e senza che ne vengano messi al corrente i pubblici ministeri o la magistratura. Alla fine del 2013 un gruppo di attivisti egiziani per i diritti dei prigionieri e dei detenuti ha promosso la campagna Freedom for the Brave in collaborazione con forze sociali e politiche impegnate nella difesa della democrazia tra cui il Partito social democratico egiziano, il partito per la Costituzione, il partito egiziano per la Libertà, la corrente Popolare egiziana, il partito Pane e Libertà.

Il rapporto stilato da Amnesty International si basa su diverse interviste rilasciate da avvocati, operatori di diverse organizzazioni non governative, vittime delle sparizioni forzate e i loro familiari. Chi sono le persone che vengono fatte sparire in Egitto? Si tratta di uomini tra i 14 e 50 anni, principalmente sostenitori dell’ex presidente Morsi e della Fratellanza musulmana ma anche pacifisti, attivisti per i diritti umani, avvocati, studenti e professori accademici, manifestanti. Accusati di aver organizzato o partecipato a cortei non autorizzati e di aver compiuto attacchi violenti ai danni della polizia o delle forze militari, questi uomini vengono prelevati dalle loro case e portati in luoghi segreti. Non vi è traccia di queste azioni, nessuno sa dove siano e, spesso, anche i loro familiari vengono rapiti al fine di estorcere confessioni con i ricatti. L’obiettivo dei carcerieri è infatti la confessione ma, sotto tortura chiunque confesserebbe i peggiori crimini pur di fermare i propri aguzzini. Una volta ottenuta la confessione, il 90% degli arrestati viene processato sommariamente, le date dell’arresto truccate al fine di utilizzare i giorni della sparizione per collocare i “rei” nei luoghi in cui sarebbero avvenuti attacchi terroristici o scontri con le forze dell’ordine.

Per Giulio, per tutti.

In questo scritto ho tentato di fare ordine in una vicenda complessa che non può essere ridotta al singolo caso ma che va considerata nella sua interezza e in un arco di tempo molto ampio. La storia non è fatta di capitoli ma da continue relazioni di causa ed effetto che non si possono fermare con altre bombe. Perché le bombe colpiscono i deboli, gli indifesi, i cittadini. Negli ultimi sessanta anni l’Egitto ha salutato l’ascesa e il declino di diverse personalità più o meno discutibili ma il paese non ha smesso di affondare nelle sabbie mobili della povertà e del terrore. L’impressione è che, come spesso accade, gli equilibri e il benessere dei popoli della terra siano secondari rispetto a scelte calcolate delle classi politiche alla ricerca di consenso per conservare il potere. Le vicende che hanno portato alla morte di Giulio Regeni vanno collocate e comprese alla luce di molti aspetti. Chiedersi se Giulio fosse una spia è un’ennesima offesa alla sua memoria non tanto per la risposta che potrebbe venire da questa domanda ma perché porsi un simile interrogativo sembra voler trovare un motivo per cui Giulio “se la sia andata a cercare”. Giulio Regeni è nostro figlio, nostro fratello così come lo sono i perseguitati di tutte le tirannie, di tutte le guerre e per tutti i Giulio Regeni noi chiediamo verità e giustizia.

di Cristina Monasteri

Cosa è il Ramadan?

29 mercoledì Giu 2016

Posted by orukov in 2016, Collettivo Antigone, Doumbia, Islam, Mali, Parole del Collettivo, R-esistenza, Ramadan, Refugees Welcome, Restiamo umani, Senza categoria

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Antigone, Collettivo Antigone, Doumbia, Mali, Parole, Ramadan, Testimonianze

Il Ramadan è uno dei periodi più importanti della religione islamica. Per i musulmani il Ramadan non è un periodo di stress e non dovete pensare che Dio è cattivo se ce lo fa osservare. Al contrario, è per il nostro bene:  è un tipo di allenamento visto che bisogna rinunciare all’acqua, al cibo, alle sigarette, alla propria moglie per Amore di Dio. Quindi se un uomo rinuncia alla propria moglie, perché mai dovrebbe violentare la tua? Se un uomo rinuncia per Dio al cibo e all’acqua che ha a disposizione, come potrebbe mai rubare la Vita di qualcuno?

Il Ramadan serve per allenarci, ma anche per il sacrificio di ognuno di noi che così costruiamo il nostro paradiso. Questo mese ha tante importanti caratteristiche: le preghiere si moltiplicano e Dio è capace di perdonare all’uomo i suoi peccati… Per noi non è così difficile passare il giorno senza mangiare o bere perché è una cosa mentale. Tuttavia, in alcuni paesi è più facile rispettarlo e in altri meno. Quando ero in Mali non avevo grossi problemi, mentre qui in Italia è tutta un’altra cosa. I miei ricordi del Ramadan in Mali sono indimenticabili: al tramonto del sole si faceva festa, si mangiava e beveva, si scherzava, si pregava nelle moschee pienissime di persone e per strada. Qui in Italia a volte mi sono trovato un poco in difficoltà perché mentre io osservo il digiuno, gli altri bevono e mangiano davanti a me e poi la sera mi trovo solo a mangiare… Insomma, non lo posso vivere come vorrei.

La cosa che mi piace di più del Ramadan è che ci si vuole tutti bene, i ricchi aiutano i poveri più che negli altri mesi. E’ veramente questa la particolare bellezza del Ramadan. E, nonostante le difficoltà, continuo a farlo perché per me è una cura del corpo e dell’anima.

di Doumbia

Ramadan*foto presa dal web e tratta dal film Timbuktu (A proposito di cinema del Mali, potete cliccare qui)

Assalamu-alaykum : Que la paix soit sur vous

12 martedì Apr 2016

Posted by orukov in 2016, Collettivo Antigone, Doumbia, Francesco Faraci, French, I figli della fortuna, Islam, Mali, MariaGrazia Patania, Olocausto del Mare, Parole del Collettivo, R-esistenza, Refugees Welcome, Restiamo umani, Scuole Verdi Augusta, Testimonianze, Traduzioni

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Antigone, bellezza, Collettivo Antigone, Doumbia, Francesco Faraci, French, MariaGrazia Patania, Olocausto del Mare, Testimonianze, Traduzioni

Dans votre société en général on confond entre les malfaiteurs, les terroristes, les barbares et les croyances d’une religion entière. Depuis plusieurs années les gens sont attirés par le message de l’islam qui est la paix et la solidarité… La salutation officielle est assalamu-alaykum qui veut dire « que la paix soit sur vous ». Le prophète Mohamed -paix à son âme- nous a enseigné qu’il faut aimer nos frères et sœurs comme nous-mêmes. Je ne veux pas rentrer dans les détails, mais je voudrais vous montrer qu’on se trompe en pensant que les musulmans soient des terroristes. Ils y a deux types de terroristes : les petits terroristes qui se suicident pendant les attentats et les grands terroristes qui se cachent derrière la politique occidentale. Cette politique attaque les pays où ils ont des intérêts et qui sont dirigés par des dictateurs-amis. Ils affirment la volonté de libérer le pays en question -soit la Libye ou la Syrie, le Pakistan, l’Iraq, l’Afghanistan… Néanmoins la seule chose qu’ils ont réussi c’est de détruire ces pays, dans la majorité des cas on a tué le Président et donné le pouvoir à personnes comme Kadhafi ou bien Saddam Hussein. Pourtant il y a beaucoup d’autres pays qui sont dirigés par des dictateurs, mais ont ne vas pas là-bas parce que ils n’ont pas de pétrole. Ensuite les mêmes personnes commencent à vendre des armes à ces terroristes, ce qui est un moyen aussi pour commercialiser les armes mêmes. Si on fabrique les armes, quelqu’un doit faire la guerre pour être en mesure de continuer à les produire. Quand ces mêmes terroristes qu’ils ont créé commencent à utiliser les armes contre l’Occident -c’est le cas des musulmans qui ne connaissent pas notre religion-, ceux qui produisent les armes condamnent la guerre et défendent la paix chez eux. Je pense qu’on se moque de moi quand j’entends dire que tous les êtres humains sont égaux, mais moi je n’y crois pas. Quand on attaquait Paris, la terre entière tremblait parce qu’ils sont arrivés en Europe et pendant plus d’une semaine on ne parlait de rien d’autre sur les réseaux sociaux et les medias… Mais si ces évènements se passent au Mali, au Nigeria, s’ils touchent les étudiants du Kenya ou des enfants au Pakistan, pourquoi personne n’en parle ? C’est parce que les victimes sont des noires, des arabes et leur vie est moins chère ? Quelqu’un va dire que c’est leur problème. Justement c’est leur problème, mais l’Europe n’aura jamais la paix s’il y a la guerre dans d’autres pays.

di Doumbia

Preghiera Faraci

*Photo Copyright: Francesco Faraci

Nella vostra società in generale si confondono criminali, terroristi, barbari e i precetti di un’intera religione. Da svariati anni le persone sono attratte dal messaggio dell’Islam: pace e solidarietà… Il saluto ufficiale è assalamu-alaykum che significa « la pace sia su voi ». Il profeta Mohamed –che riposi in pace- ci ha insegnato che bisogna amare i nostri fratelli e sorelle come noi stessi. Non voglio entrare nei dettagli, ma vorrei dimostrarvi che ci si sbaglia a pensare che i musulmani siano dei terroristi. Esistono due tipi di terroristi : i piccoli terroristi che si suicidano durante gli attentati e i grandi terroristi che si nascondono dietro la politica occidentale. Questa politica attacca i paesi dove ci sono degli interessi e il governo è in mano a dittatori loro amici. Dicono di voler liberare il paese in questione –sia esso la Libia o la Siria, il Pakistan, l’Iraq, l’Afghanistan… Tuttavia l’unica cosa che sanno fare è distruggere questi paesi. Nella maggior parte dei casi è stato ucciso il presidente in carica e il potere è stato affidato a persone come Geddhafi o Saddam Hussein. Eppure ci sono molti altri paesi in cui governano dei dittatori, ma nessuno ci va perché non hanno petrolio. Poi le stesse persone iniziano a vendere le armi a questi terroristi e questo costituisce un modo per alimentare il mercato delle stesse. Se si fabbricano armi, qualcuno dovrà fare la guerra per poter continuare a produrle. Quando poi questi stessi terroristi che hanno creato iniziano a usare le armi contro l’Occidente –come nel caso dei musulmani che non conoscono bene la nostra religione, i produttori di armi condannano la guerra e difendono la pace a casa loro. Mi sento preso in giro quando sento che tutti gli esseri umani sono uguali. Io non ci credo. Quando è stata attaccata Parigi, tutta la terra tremava perché sono arrivati in Europa e per oltre una settimana non si parlava d’altro sui social e sui media in generale… Ma se queste cose succedono in Mali, in Nigeria, agli studenti del Kenya o ai bambini del Pakistan perché non ne parla nessuno? Forse perché sono arabi, sono neri e la loro vita vale meno? Alcuni pensano che sia un problema loro. In effetti è un problema loro, tuttavia l’Europa non conoscerà mai la pace se in altri paesi c’è la guerra.

Traduzione di Maria Grazia Patania

Words of Wisdom

05 martedì Gen 2016

Posted by orukov in 2016, Collaborazioni, Collettivo Antigone, English, Francesca Colantuoni, I figli della fortuna, Islam, MariaGrazia Patania, Parole del Collettivo, Refugees Welcome, Restiamo umani, Senza categoria, Testimonianze, Traduzioni, Yacob Fouiny

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2016, Antigone, bellezza, Collettivo Antigone, Francesca Colantuoni, MariaGrazia Patania, Parole, Testimonianze, Traduzioni, Yacob Fouiny

*We all believe that if you kill a human being in this life, it means you kill the entire world and this is also valid for people who are not Muslims or have no religion. I am a victim as anyone else. From my side, I just want to say we should all live in peace and harmony… Those people killing and fighting are not Muslims at all: they just want to bring confusion among religions. They only fight for revenge, most probably they are not even able to pray properly otherwise they would NEVER kill anyone. If you call yourself “Muslim”, then you also have to practise your religion following its rules* [original language]

[Sainey, 18 years old, Gambia. I received his thoughts and word through a friend who kindly mediated between Sainey and me. Thank you Stefano]

*Noi tutti crediamo che se si uccide una persona in questa vita si uccide il mondo intero e questa regola vale anche per i non musulmani e gli atei. Sono una vittima come chiunque altro. Da parte mia, voglio solo dire che dovremmo tutti vivere in pace ed armonia… Coloro che uccidono e combattono non sono affatto musulmani: vogliono solo generare confusione fra le religioni. Combattono solo spinti dal desiderio di vendetta, probabilmente non sanno neanche pregare correttamente altrimenti non ucciderebbero MAI nessuno. Se ti definisci “Musulmano”, allora devi anche praticare la tua religione e seguirne le regole* [translation]

[Sainey, 18 anni, Gambia. Le sue parole mi sono arrivate grazie a un amico che si è offerto di fare da intermediario col ragazzo. Grazie Stefano]


*In questo momento, l´unica cosa che voglio fare è pregare per tutti. Per Parigi e per tutti i posti dove ci sono le guerre. Possiamo solo stare in silenzio e sperare che succeda la pace* [original language]

[Prince, 18 anni, Ghana]

*Right now, all I want to do is pray for everybody. For Paris and for all those places troubled by wars. We can only stay silent and hope that peace will come* [translation]

[Prince, 18 years, Ghana]


 *If Quran says this then why are you people calling ISIS as Muslims?

Islam means Peace

Islam doesn’t mean terror

May Allah forgive those speaking against Islam* [original language]

[Don Sheriff, Ghana]

*Se questo è quello che dice il Corano, allora perché definite l´ISIS musulmano?

Islam vuol dire pace

Islam non significa terrore

Possa Allah perdonare coloro che parlano contro l´Islam* [translation]

[Don Sheriff, Ghana]

Shahd

Drawing by Shahd Abusalama


*Maria, ma che ti devo dire? Io non c´entro niente. Io sono scappato dai terroristi. Ho lasciato la mia mamma e la mia sorellina per non cadere nelle loro mani. Io non so niente della guerra, ma prego tutti i giorni per la Pace. Quello che so è che la mia famiglia vive nella capitale del Mali dove hanno fatto l´attentato e ho molta paura che possa succedere qualcosa di brutto mentre io sono così lontano. E poi ora lo so che diventerà tutto peggio anche per noi qui* [original language]

[Youba, 19 anni, Mali]

*Maria, what can I say? I have got nothing to do with this. I fled from the terrorists. I left my mum and my little sister not to fall into their hands. I know nothing about war but I pray for peace every day. What I do know is that my family lives in the capital city of Mali where there was the terrorist attack and I very much fear something bad may happen to them while I am so far away. Moreover, I know that things here won’t get any easier for us. * [translation]

[Youba, 19 years old, Mali]


*Non so da dove cominciare. Di fronte a un tale disastro, confesso che non ho parole. Si tratta di un immenso dolore che […] ha causato la perdita di 128 persone innocenti. Rattristato e sconvolto di fronte a questo mondo sempre più barbaro. Tuttavia, mi rifiuto di affrontare la loro codardia, di farmi prendere dalla psicosi, dalla paura. Amare la nostra libertà, essere forte, solidale. Se ci deve essere la guerra, come è intesa in questo momento, cerchiamo di essere soldati della libertà e della pace. Il mio cuore e il mio pensiero va alle vittime e ai loro parenti . Rimanete sempre più dignitosi e forti. Insieme per un mondo in pace* [original language]

[Yacob, 17 anni, Costa d´Avorio]


 *I do not know where to start. I have to confess that this tragedy left me speechless. A huge pain that […] killed 128 innocent people. I am overwhelmed with sadness and astonished by this increasingly violent world. Nevertheless, I refuse to react to their cowardice, to give in to panic and fear. Love our freedom, be strong and sympathetic. If we have to fight, as we are doing now, we must try and fight for freedom and peace. My heart and thoughts go to the victims and their relatives. Protect your dignity and stay strong. United for a peaceful world*[translation]

[Yacob, 17 years old, Ivory Coast]


 *Maria, ho sentito le notizie. Mi fa molto male il cuore, sai? Ma non voglio pensare a queste cose. Oggi sono andato a scuola, sono andato al corso per diventare barman cosi posso imparare molte cose, come dici tu. Quelli che uccidono non sono musulmani. Ma io non ci voglio pensare, sai? Il centro dove mi hanno messo ora e´ brutto e nel letto ci sono degli animali che di notte mi pungono* [original language]

[Moussa, 19 anni, Gambia]

*I have heard the news Maria. My heart really hurts, you know? But I don´t want to think about it. Today I went to school; I attended the barman course, I want to learn a lot just as you always say. Those who kill are not Muslims. But I don´t want to think about it, you know? The centre where I am living now is horrible and in my bed there are small black animals biting me at night* [translation]

[Moussa, 19 years old, Gambia]


 *I see our world driven into a collective hell brought about by the West’s iron-fist policies framed under the rubric of ‘democratic values’. As Hegel put it, “history teaches that history teaches us nothing.” I cannot wait to see how world leaders will react to the consequences of their decisions in regards to Syria, Iraq, Afghanistan and Libya when they, in a few decades, revisit these areas and analyse the effectiveness of their so-called ‘war against terror’ that history proved how it provided a fertile ground for radical groups to expand* [original language]

[Shahd Abusalama, Palestinian writer and blogger, she currently lives in London. We’ll get to know her better in a bit. All drawings belong to her]

*Osservo il nostro mondo mentre viene trascinato in un inferno collettivo determinato dalle politiche del pugno di ferro dell´Occidente in nome dei “valori democratici”. Citando Hegel, “la storia ci insegna che gli uomini ed i governi non hanno imparato nulla da essa”. Sono impaziente di vedere come i leader mondiali reagiranno alle conseguenze delle loro decisioni sulla Siria, Iraq, Afghanistan e Libia quando, fra qualche decina d´anni, torneranno in queste zone e verificheranno l´efficacia della loro cosiddetta “guerra al terrore” che la storia avrà dimostrato essere solo nutrimento essenziale per l’ascesa dei gruppi più radicali* [Translation]

[Shahd Abusalama, scrittrice e blogger palestinese trasferita a Londra che conosceremo meglio a breve. Tutti i disegni sono opera sua]

shahd 1

Ho deciso di raccogliere alcune delle tantissime esternazioni da parte dei miei amici ed amiche musulman* in occasione degli attacchi terroristici di Parigi. Sono rimasta colpita dalla loro estrema decisione nel ribadire che Islam e terrorismo non hanno nulla in comune. Tutti hanno voluto dire qualcosa e in alcuni casi sono stata io a chiedere ai più intimi di raccontarmi i propri sentimenti. Sono emersi dolore, compassione, solidarietà e Amore. Io, di contro, traboccavo di vergogna… [Maria Grazia Patania]

I decided to collect some of my Muslim friends’ reactions after the Paris terrorist attacks. I was impressed by their strength in highlighting, once again, that Islam and terror have nothing in common. They all wanted to say something and in some cases, I asked those who are closer to me to express their inner feelings. They spoke about pain, compassion, solidarity and Love. I, on the other hand, was overwhelmed with shame.

 

Traduzione e revisione a cura di Francesca Colantuoni

Testi originali raccolti da Maria Grazia Patania

Siamo tutti terroristi?

24 martedì Nov 2015

Posted by orukov in Collaborazioni, Collettivo Antigone, Francesco Malavolta, Islam, MariaGrazia Patania, Parole del Collettivo, Restiamo umani

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Terrorismo L’uso di violenza illegittima, finalizzata a incutere terrore nei membri di una collettività organizzata e a destabilizzarne o restaurarne l’ordine, mediante azioni quali attentati, rapimenti, dirottamenti di aerei e simili. [Enciclopedia Treccani]

E’ difficile restare lucidi sotto l´assedio del terrore mediatico dopo il terribile venerdì 13 di questo Novembre 2015. E’ difficile digerire il colpo degli attentati al cuore dell´Europa. Meno complicato è invece ignorare i morti di Beirut: musulmani, lontani e francamente quasi liberatori. Non degne di bandierine, candeline e preghierine anche le carneficine quotidiane in luoghi poco rilevanti quali Yemen, Siria, Nigeria, Libia, Palestina e via dicendo.

Nemmeno la morte ci unisce e rende tutti uguali. Nemmeno la morte ci impone silenzio. Nemmeno la morte ferma le lingue e suscita riflessione. Coi corpi ancora caldi già tutti sapevano tutto: motivazioni, condanne, soluzioni e predizioni. Nemmeno il tempo di capire quanti fossero i morti che partivano le campagne elettorali (insieme al tipico bestiario delle grandi occasioni) nella veste di crociate contro i “tagliagole” islamici. Dopo di che, in perfetto stile profezia autoavverantesi, arrivano le acclamate bombe francesi. E la mattanza continua non sazia del sangue coloniale sparso per secoli.

Tuttavia mentre la maggior parte sa già tutto, io fisso il soffitto e non so niente. Mi chiedo solo se avrei il coraggio di farmi esplodere. No.

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