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Collettivo Antigone

~ Proteggere e custodire le leggi naturali di ogni essere vivente

Collettivo Antigone

Archivi della categoria: Eventi

A scuola di resistenza e resilienza generativa, il “Permaculture Design Certificate Course”

03 mercoledì Lug 2019

Posted by cristallina555 in 2019, Ambiente, Collettivo Antigone, Cristina Monasteri, Eventi, Events, MEDIPERlab, Permacultura, R-esistenza, Senza categoria, Sostenibilità

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ARCI, ConMoi, MEDIPERlab, Permacultura, Permaculture, Permaculture Design Certificate Course, Permaculture Research Institute, Permaculture: A Designer's Manual, resilienza, Rhamis Kent, Rifugio Carlo Fissore, Val Maira

In passato abbiamo avuto modo di approfondire diversi aspetti della Permacultura definendola come “un sistema integrato di progettazione che coinvolge aspetti ecologici, economici, architettonici e si fonda sull’etica della condivisione, della cura e della restituzione”.
Partendo dalla presa di coscienza del definitivo fallimento dei sistemi attuali, bisogna trovare una soluzione positiva che crei abbondanza; un sistema che, assecondando le leggi naturali, si governi da sé, sia libero.
I sistemi basati sulle monocolture hanno fallito provocando gravi danni relativi a inquinamento, siccità e impoverimento dei terreni per via di interessi economici che risponderebbero alle logiche di mercato ma che, in definitiva, si sono rivelate inutili per la gran parte della popolazione mondiale: su 117 paesi in via di sviluppo, nel 2015, 52 sono stati censiti come paesi in cui il livello della fame è alto.
La permacultura potrebbe essere la risposta che, assecondando i processi naturali, fornisca eccellenza energetica e una concreta alternativa per il futuro delle popolazioni maggiormente colpite e costrette a migrare per sopravvivere.
Per questo motivo, dopo aver seguito il percorso di MEDIPERlab attraverso le diverse fasi di traduzione del Manuale di Bill Mollison, fino alla presentazione del volume nella cornice di Terra Madre nel 2018, siamo liete di presentare un’iniziativa promossa dall’associazione ConMoi di Torino che ha, tra i partner, ARCI Torino e CoopCulture: il “Permaculture Design Certificate” (PDC) è un corso di 72 ore riconosciuto a livello internazionale e prevede un’introduzione alla permacultura con riferimento al Manuale di Mollison.
Durante il corso verrà organizzata una conferenza tenuta da Rhamis Kent (Permaculture Research Institute) e da Ignazio Schettini di MEDIPERlab, che si terrà presso la Caserma Musso di Saluzzo e che si inserisce in un più ampio programma di iniziative, il “Saluzzo Rural Happening” promosso dall’Istituto Garuzzo per le Arti Visive in collaborazione con Conmoi.
La permacultura permette, a differenza della monocoltura, di instaurare un rapporto uomo-natura che sia continuo e che richieda un intervento minimo di manutenzione poiché asseconda, come detto, il naturale scorrere delle stagioni.
Tuttavia la progettazione, proprio per rendere il sistema sostenibile e libero, richiede uno studio ponderato dei diversi fattori e degli elementi integrati nel sistema.

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Ph. Ignazio Schettini – Progettazione permaculturale: Mappa dell’acqua di Zaytuna Farm, Home of the Permaculture Research Institute of Australia

Il corso si terrà dall’8 al 20 settembre 2019 presso il Rifugio Carlo Fissore a Roccabruna.
Completa l’esperienza formativa e il rapporto con il territorio un’escursione notturna naturalistica e archeoastronomica tenuta da Enrico Collo, esperto di riferimento della Val Maira.

Per info e adesioni-> info@mediperlab.com

TerraMadre. Presentazione di “Permacultura, manuale di progettazione”

05 mercoledì Set 2018

Posted by cristallina555 in 2018, Collaborazioni, Collettivo Antigone, Cristina Monasteri, Eventi, Events, MEDIPERlab, Periferie urbane, Permacultura, R-esistenza, Restiamo umani, Senza categoria, Torino

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Bill Mollison, Casa dell'Ambiente, Crowdfunding, Permacultura, Permacultura Mediterranea, Terra Madre, TerraMadre, Torino, Traduzioni

La genialità dell’autore australiano Bill Mollison, visionario fondatore del movimento  conosciuto come Permaculture, oggi è finalmente tradotta in italiano nella sua più importante opera dal titolo “Permacultura, manuale di progettazione”.
Tutto merito di centinaia di supporter che hanno realizzato il progetto di traduzione e pubblicazione del manuale partecipando alla campagna di crowdfunding dell’associazione di promozione sociale MEDIPERlab, ovvero Laboratorio di Permacultura Mediterranea
Un momento storico per l’Italia dove la forza di gruppo traina il carro del cambiamento e porta il nostro Paese ad essere secondo al mondo ad avere il manuale tradotto. Un importante passo verso la sostenibilità e l’autosufficienza. Il libro infatti illustra come progettare insediamenti umani sostenibili e preservare e promuovere i sistemi naturali. A essere messe in discussione non sono soltanto le odierne pratiche agricole, ma la necessità stessa di un’agricoltura asservita all’industria agroalimentare, quando terreni incolti e smisurate aree verdi cittadine possono essere utilmente destinati alla produzione alimentare.
Urgono strategie che ripensino le politiche di investimento sociale e il quadro politico stesso, in vista di una autosufficienza su scala regionale o delle singole comunità. La speranza è che il manuale alimenti un inesauribile dibattito globale e orienti verso un futuro che garantisca ai nostri figli la possibilità di una degna esistenza.
“Permacultura, manuale di progettazione” verrà presentato al pubblico in occasione di TerraMadre, il 22 Settembre. L’evento avrà luogo presso la Casa dell’Ambiente di Corso Moncalieri, 18 a Torino.
Maggiori informazioni qui 

Punta Izzo Possibile, un anno dopo – Conferenza Stampa

22 venerdì Dic 2017

Posted by orukov in 2017, Ambiente, Augusta, Collaborazioni, Collettivo Antigone, Disobbedienza, Eventi, Punta Izzo Possibile, Senza categoria

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ambiente, Augusta, Collettivo Antigone, Disobbedienza civile, Punta Izzo Possibile, Refugees Welcome

Esattamente un anno fa il progetto del Collettivo Antigone veniva presentato per la prima volta nella città in cui ha avuto origine, Augusta, supportato da testimonianze ed una mostra fotografica che univa gli scatti di chi ci aveva accompagnate nel percorso fatto fino a quel momento. Contemporaneamente siamo venute a conoscenza della campagna per la smilitarizzazione e la tutela di Punta Izzo che abbiamo deciso di sostenere viste le affinità con la natura e le tematiche del Collettivo.

Punta Izzo è una vasta area che percorre il Golfo di Augusta e col suo promontorio e la sua lussureggiante natura regala un magnifico spettacolo grazie all’azzurro del mare che incontra l’orizzonte e alla scogliera interrotta dal verde della vegetazione. Nonostante il riconoscimento del suo valore dal punto di vista storico, naturalistico e paesaggistico che la rende particolarmente degna di tutela, Punta Izzo è da moltissimo tempo usata come area logistico-addestrativa oltre che ludico-ricreativa dalla Marina Militare, la cui presenza caratterizza tutto il territorio di Augusta. Questa presenza implica alcuni elementi, fra cui il fatto che alla cittadinanza venga preclusa o fortemente limitata la fruizione di un’area che le appartiene e che andrebbe tutelata, oltre all’identificazione della stessa area con gli ambienti militari. La presenza di un poligono di tiro, inoltre, rafforza la caratterizzazione di questo luogo: dismesso ufficialmente dal 1983, non è mai stata effettuata una seria bonifica del terreno e si prospetta una sua riapertura. Si tornerebbe, dunque, ad esercitarsi alla guerra in un mondo che ha disperatamente bisogno di pace.

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Le ragioni per cui vogliamo sostenere la causa della smilitarizzazione e della tutela di Punta Izzo sono molteplici. Le tematiche ambientali ci sono sempre state a cuore, tanto da aver creato una sezione specifica del progetto strettamente connessa alla questione del petrolchimico che avvelena da anni la zona circostante il polo industriale. Proprio l’ambiente oggi più che mai è divenuto l’elemento determinante di molte migrazioni: il cambiamento climatico sta alterando l’ambiente in modo irreversibile, costringendo milioni di persone a lasciare la propria casa perché viverci è diventato impossibile. Sempre più persone muoiono letteralmente di fame e di sete, le altre migrano in cerca della salvezza. I risultati sono davanti ai nostri occhi: guerre, conflitti, persecuzioni e catastrofi ambientali costringono a viaggi spesso mortali, i cui sopravvissuti sbarcano sulle nostre coste con terribili traumi fisici e psicologici.

Augusta nel 2016 e nel 2017 è stata il primo porto di sbarco per le persone salvate in mare, eppure la questione migratoria continua a rimanere nell’ombra quando non viene usata per strumentalizzazioni politiche. I migranti rimangono fantasmi sullo sfondo delle nostre vite quotidiane e, al di là delle iniziative di alcune scuole o parrocchie, la sensibilizzazione della cittadinanza è praticamente nulla. Essendo le migrazioni il punto di partenza del Collettivo Antigone e vista l’innegabile connessione fra alterazioni ambientali, guerre e flussi migratori, abbiamo voluto sostenere una causa dall’innegabile valore pratico oltre che simbolico.

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Simbolicamente, infatti, l‘impegno per ottenere la smilitarizzazione e la tutela di Punta Izzo incarna la volontà di un popolo, della società civile a riprendersi i propri spazi per farne luoghi di pace, di scambio culturale e di valorizzazione territoriale. Significa assumersi la responsabilità di immaginare un futuro diverso da quello che abbiamo ora e diventare artefici del destino che si sceglie e si costruisce insieme. Significa rifiutare la retorica della pace ottenuta con le armi reiterando la guerra, recuperare l’identità e la memoria di un luogo che custodisce la nostra storia, proteggere la natura in un territorio devastato da scelte irresponsabili dettate da un falso mito del progresso. Un territorio in cui la resilienza della natura che resiste andrebbe incentivata e protetta, non ulteriormente mortificata.

Ma, soprattutto, significa incentivare un ruolo attivo della comunità che, consapevole dell’inestimabile valore della propria terra, si impegna concretamente a difenderla, recuperando una memoria che guarda al futuro e apre le braccia per accogliere i suoi nuovi abitanti. Come ribadito dalla Convenzione Europea del Paesaggio del 2000, infatti, “il paesaggio rappresenta un elemento chiave del benessere individuale e sociale, e la sua salvaguardia, la sua gestione e la sua pianificazione comportano diritti e responsabilità per ciascun individuo”.

Per questo, tutt* noi ci auguriamo che a Punta Izzo nel prossimo futuro si possa tornare ad ascoltare il canto della sirena Lighea resa immortale da Tomasi di Lampedusa invece del rumore degli spari di chi si esercita per fare la guerra.

Qui l’evento facebook

La Terra non ha frontiere

03 venerdì Mar 2017

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Augusta, Maria Grazia Patania, MB, Michelangelo Mignosa, Refugees Welcome

Augusta, 2 Marzo 2017

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*Photo Copyright: Michelangelo Mignosa

Ci sono luoghi bistrattati e spesso dimenticati, luoghi che sembrano essere colpiti da un sortilegio che li condanna a rimanere nel buio. Ma su quei luoghi quando arriva la luce, brilla più forte.

Il 2 Marzo ad Augusta presso il wine bar Lebowski sono entrati 13 raggi di luce. 13 Figli della Fortuna si sono ritrovati in un luogo ospitale per partecipare ad un incontro col Collettivo Antigone. 12 di questi Figli della Fortuna sono minori non accompagnati ospiti di una casa famiglia dove ogni giorno -un gesto dopo l’altro- cercano di costruire la loro nuova vita e di ricucire le speranze stralciate da un mondo crudele che ha dimenticato la bellezza dei sogni.

Ma è proprio da un sogno che nasce il progetto del Collettivo Antigone: un sogno condiviso di Amore e Fratellanza universale. Un sogno di ribellione e resistenza con le sole armi che conosciamo: parole e cultura.

Augusta da anni è in prima linea nell’accoglienza di chi arriva dopo un viaggio infernale che nessuna parola umana riuscirà mai a descrivere fino in fondo. Il porto di Augusta è stato per molti il luogo della rinascita, la banchina della salvezza e sotto il suo cielo in tanti hanno sognato una nuova vita finalmente al riparo dalla violenza.

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Ai Weiwei. Libero

11 venerdì Nov 2016

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2016, Ai Weiwei, Arte, Arturo Galansino, Beijing, Cina, Dante Alighieri, Dissidenti, Firenze, Galileo Galilei, Girolamo Savonarola, Gommoni, Larry Warsh, Lego, Libero, Mostra, Opinione Pubblica, Palazzo Strozzi, Pechino, Piazza Tienanmen, Politica, Reframe, Selfie, Sichuan, Snake, Study of Perspective, Terremoto, Umanità, Verità, Weiweismi

Il mio lavoro riguarda sempre l’umanità di oggi

Tutto è arte, tutto è politica

L’arte è sempre politica

Ho fatto delle ricerche, ho letto articoli su articoli, ho consultato internet, ho seguito con un certo interesse la trasformazione dello stesso Palazzo Strozzi in installazione cercando di comprendere, con notevole insuccesso e sconforto da parte mia, il motivo dell’ostracismo dell’opinione pubblica.

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Betania

19 lunedì Set 2016

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Collettivo Antigone, Il Corpo delle Donne, Parole, Simona D Alessi, Valerio Bispuri

Che Fernandinho mi è morto in grembo
Fernanda è una bambola di seta
Sono le braci di un’unica stella
Che squilla di luce di nome Princesa

Betania ha 35 anni, vive a Buenos Aires e, come la Princesa di De Andrè, è nata di sesso maschile.

Betania ama, in maniera profonda e ineluttabile, Virginia e con lei sceglie di vivere e condividere la loro quotidianità, la loro intimità, per più di cinque anni, con Valerio Bispuri.

Ne nascono un progetto fotografico e, conseguentemente, una mostra che si snodano attraverso scene di vita quotidiana, gesti di tenerezza e di desiderio.

La dolcezza di un abbraccio, la complicità di uno sguardo, la passione di due corpi intrecciati, la delicatezza di un amore intenso e travolgente fatto di sorrisi timidi ed innamorati, la sensualità che scaturisce da semplici gesti, la femminilità fisica ed emotiva.

Sullo sfondo troviamo l’Argentina cattolica che nel 2010 ha legalizzato le unioni omosessuali.

Non sarà di certo stato facile per Betania e Virginia far entrare nella loro vita l’obiettivo di un fotografo e gli occhi di chi, come me, ha visitato la mostra soffermandosi più e più volte ad ammirare quei piccoli e insignificanti particolari senza cui le nostre vite risulterebbero vuote ed anonime. Particolari che trasudano complicità, amore, intimità e che vogliono cercare di abbattere quello spesso muro di omofobia che, in maniera inaccettabile, cresce di giorno in giorno.

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*Scatto preso dall’album FB della mostra


Betania

mostra fotografica di Valerio Bispuri

a cura di Valeria Fornarelli

prodotta da Perugia Social Photo Fest

Gli scatti del progetto li trovate qui

Ho avuto il piacere di visitare questa mostra a Giugno in un nuovo spazio espositivo nato da poco a Palermo. Come si può leggere sul loro sito, Église è un laboratorio culturale artistico, un luogo fisico, ma anche un gruppo di giovani creativi. L’augurio è quello che con le loro “Piccole Ali” possano andare davvero molto lontano.

di Simona D’Alessi

 

 

 

Ti racconto un viaggio…

03 mercoledì Ago 2016

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Antigone, Augusta, Collettivo Antigone, Francesco Malavolta, MariaGrazia Patania, Parole, Testimonianze

Bonnections präsentiert heute um 18 Uhr im Haus der Bildung Bonn in einer mehrsprachigen Lesung Mediterrane Reisegeschichten von Odysseus bis zu heutigen Flüchtlingen und Migranten, darunter Erzählungen von drei jungen Afrikanern aus Mali und Gambia und ihre lebensbedrohlichen Fluchtwege nach Italien. Siehe Collettivo Antigone Blogbeitrag von Maria Grazia Patania auf Deutsch und Italienisch.

Oggi Italia e Germania saranno più vicine per qualche ora tramite la forza delle parole. Un filo rosso collegherà Augusta e Bonn passando per il Baobab a Roma. Durante l’incontro del BookClub presso la Stadtbibliothek di Bonn, a nome del Collettivo Antigone, racconterò le storie dei viaggiatori arrivati dal mare e conosciuti alle “scuole verdi” di Augusta. Il tema di oggi sarà il viaggio e parlerò anche del Baobab, come oasi di umanità per chi transita da Roma. Con noi ci saranno gli scatti di Francesco Malavolta a testimonianza della speranza di chi lotta per un futuro migliore. Di seguito i racconti tratti dalla sezione “I Figli della Fortuna” del blog che leggeremo. Grazie a Bonnections, BonnLab e alla responsabile della Biblioteca comunale di Bonn per aver creduto nel progetto del Collettivo Antigone.

Anonimo, 19, Mali: Il viaggio sul gommone è stato durissimo: eravamo tantissimi, io non avevo mai visto il mare e mi faceva paura, la puzza della benzina mi faceva stare male. Mi ha aiutato un mio amico che era seduto sul bordo del gommone e mi faceva tenere la testa fra le sue ginocchia. Ad un certo punto mi sono addormentato, sicuro di morire perché non avevo più energia. Quando mi sono svegliato, mi sono sentito un po’ meglio ma ogni volta che guardavo il mare mi faceva paura. Una nave della Marina Militare italiana ci ha recuperati in mezzo al mare e ci ha portati ad Augusta. Dopo i controlli ci hanno ospitati al centro allestito alle “scuole verdi ” e qui è iniziata per me una nuova avventura.

Anonymus, 19, Mali: Die Reise auf dem Schlauchboot war sehr anstrengend: wir waren viele, ich hatte noch nie das Meer gesehen und es machte mir Angst. Mir war schlecht vom Gestank des Benzins. Ein Freund, der auf dem Rand des Schlauchbootes saß, half mir und ließ mich den Kopf zwischen seinen Knie halten. Irgendwann bin ich eingeschlafen und war sicher, dass ich sterben würde, da ich keine Energie mehr hatte. Als ich aufwachte, fühlte ich mich ein bisschen besser, aber jedes Mal, wenn ich das Meer sah, bekam ich Angst. Ein Schiff der italienischen Militärmarine hat uns mitten auf dem Meer gerettet und uns nach Augusta gebracht. Nach den Kontrollen hat uns das Zentrum in einer Grundschule aufgenommen und dort begann für mich ein neues Abenteuer.

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Sainey, 12, Gambia: Ero solo nel viaggio. Pensavo solo che oltre il mare c’era l’Italia. E lì avrei potuto giocare a calcio. Ma ora sono qui, in questa scuola e non faccio niente tutto il giorno. Non gioco nemmeno a pallone”.“Quando sono arrivato in Libia, dopo il deserto, mi hanno rapito. Mi hanno portato in un campo e mi hanno torturato. Poi mi hanno detto che se avessi dato loro dei soldi, mi avrebbero lasciato. Mia sorella non poteva più aiutarmi. E allora sono scappato. Ma come sei scappato? Maria, sono scappato. C’era una via di fuga e io sono scappato. Tanto mi avrebbero ammazzato comunque. Sono finito per strada e dovevo racimolare i soldi del viaggio quindi ogni mattina mi presentavo in un posto dove tanti altri speravano di essere presi a giornata. Che lavoro facevate? Qualunque cosa. Roba pesante. Mi faceva male la schiena la sera e tante volte ci mandavano via a bastonate e senza soldi. Ho conosciuto un ragazzo, siamo diventati amici, mi ha spiegato come contattare chi ti porta in Italia. Poi gli hanno sparato per strada. Per caso. Passavano con le macchine e ci hanno sparato contro. Così… Senza motivo.Tu non hai idea di cosa sia la Libia. E Tripoli. Tutti hanno una pistola, anche i bambini. E la usano contro di noi. Ci chiamano morti viventi”.

Sainey, 12, Gambia: Ich reiste alleine und dachte nur daran, dass jenseits des Meeres Italien liegt. Und dass ich dort Fussball spielen könnte. Aber jetzt bin ich hier in dieser Schule und mache den ganzen Tag nichts. Ich spiele nicht einmal Ball. Als ich in Libyen angekommen bin, nach der Wüste, haben sie mich entführt und in ein Lager gebracht und gefoltert. Sie sagten mir, wenn ich ihnen Geld geben würde, hätten sie mich gehen lassen. Meine Schwester konnte mir nicht mehr helfen. Also bin ich geflohen. Es gab einen Fluchtweg und so bin ich geflohen. Sie hätten mich sowieso getötet. Ich bin auf der Straße gelandet und musste das Geld für die Reise sammeln, also zeigte ich mich jeden Morgen an einer Stelle wo viele andere auch erschienen, die übertags aufgenommen wurden. Welche Arbeit macht ihr? Irgendetwas! Hartes Zeug. Abends tat mir der Rücken weg und häufig scheuchten sie mich schlagend – und ohne Geld weg. Ich lernte einen Jungen kennen, wir wurden Freunde, er erklärte mir, wie ich zu jemandem Kontakt aufnehmen konnte, um nach Italien zu kommen. Dann haben sie ihn auf der Straße niedergeschossen. Zufällig. Versehentlich. Sie fuhren mit den Wagen an ihm vorbei und schossen ihn nieder. Einfach so. Ohne Grund. Du hast keine Vorstellung davon, wie Libyen ist. Und Tripolis. Alle haben eine Pistole bei sich, auch die Kinder. Und sie benutzen sie gegen uns. Sie nennen uns „lebende Tote“.

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Mohammed, 16, Gambia: Un mio amico mi ha dato i soldi del viaggio e una cartina dei paesi che dovevo attraversare. Sono arrivato da solo in Senegal e ci sono rimasto tre mesi vivendo per strada. Poi sono arrivato a Niamey in Niger e ho dormito in un edificio abbandonato per circa cinque mesi. Sono stato fortunato a non morire. Poi è arrivato il deserto. Sette giorni ammassati su un camion con la guerrilla che ci braccava. Non avevamo acqua e cibo. Siamo stati derubati più volte e se provavi a nascondere i soldi, ti sparavano. Cosi: boom”. E fa un gesto inequivocabile. Poi siamo arrivati in Libia, a Saba. Saba è una città pericolosissima. Mi hanno internato tre mesi in un campo e volevano 500 dinar per liberarmi. Ma io non avevo nessuno a cui domandare il denaro e ho deciso che dovevo scappare. Lo sapevo che era pericoloso e stavo rischiando la vita, ma tanto sarei morto comunque. E sono scappato e mi ha salvato un uomo buono. Ho lavorato quattro mesi per lui per raccogliere il denaro del viaggio. Poi sono andato a Tripoli e lì era l’inferno. Non valiamo niente. Ci chiamano con una parola che vuol dire senza patria e senza speranza. Puoi morire in ogni momento. Ogni mattina mi mettevo in fila con gli altri per cercare di essere preso a lavorare. Se sei fortunato ti pagano 2 o 3 dinar al giorno. Se non ti pagano e ti lamenti, ti sparano. Facile, no? Un giorno venni a sapere che c’era una partenza. La gente era ammassata sul molo e ho avuto fortuna: mi sono intrufolato tra gli altri e sono salito senza pagare. Erano le due di notte e non c’era differenza fra cielo e mare. Abbiamo rifiutato gli aiuti tunisini sennò ci riportavano indietro e abbiamo continuato verso l’Italia. Finchè abbiamo visto gli elicotteri e ci hanno salvati, nutriti e schedati coi numeri. Ho avuto paura di morire.

Mohammed, 16, Gambia: Ein Freund gab mir das Geld für die Reise und eine Landkarte der Länder, die ich durchqueren musste. Ich bin alleine in Senegal angekommen und lebte dort drei Monate auf der Straße. Danach bin ich in Niamey im Niger angekommen und schlief in einem verlassenem Gebäude für ungefähr fünf Monate. Ich hatte Glück, nicht gestorben zu sein. Danach kam die Wüste. Sieben Tage zusammengeballt auf einem Lastwagen mit der Guerilla, die uns aufspürte. Wir hatten weder Wasser noch Lebensmittel. Wir wurden einige Male ausgeraubt und wenn du versucht hast, das Geld zu verstecken, wurdest du erschossen. Einfach so: Boom! Und man machte eine eindeutige Geste. Danach kamen wir in Libyen an, in Saba. Saba ist eine sehr gefährliche Stadt. Man sperrte mich drei Monate in einem Lager ein und wollte 500 Dinar ,um mich freizulassen. Aber ich kannte niemanden, den ich um die 500 Dinar bitten konnte und habe beschlossen, dass ich fliehen musste. Ich wusste, dass es sehr gefährlich war und ich mein Leben riskierte, aber ich wäre sowieso gestorben. Und so floh ich. Ein guter Mensch rettete mich. Ich arbeitete vier Monate für ihn, um das Geld für die Reise zusammen zu bekommen. Dann bin ich nach Tripolis gegangen und dort begann die Hölle. Wir waren nichts wert. Man machte uns mit einem Wort klar, was es heisst, ohne Heimat und ohne Hoffnung zu sein. Du kannst jeden Moment sterben. Jeden Morgen reihte ich mich mit den anderen in die Schlange ein, um zu versuchen, für eine Arbeit genommen zu werden. Wenn du Glück hattest, bekamst du 2 oder 3 Dinar pro Tag bezahlt. Wenn sie dich nicht bezahlten und du dich beschwerst hast, wurdest du getötet. Ganz einfach, oder? Eines Tages erfuhr ich, dass es eine Abreise gab. Man versammelte die Menschen auf der Mole und ich hatte Glück: ich hatte mich in die Menge gleiten lassen und konnte ohne zu zahlen abreisen. Es war zwei Uhr nachts und es gab keinen Unterschied zwischen dem Himmel und dem Meer. Wir haben uns gegen die tunesischen Hilfskräfte gewehrt im Wissen, dass sie uns zurückbringen würden und sind Richtung Italien weitergefahren. Bis wir die Hubschrauber sahen, die uns gerettet haben, versorgt und mit Nummern eingetragen. Ich hatte Angst, zu sterben.

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ITA – Maria Grazia Patania

DE Übersetzung Christine Cavaliere

Photo Copyright: Francesco Malavolta

Bonnections, BonnLab, Collettivo Antigone & Summer Fest

25 lunedì Lug 2016

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Antigone, bellezza, Bonnections, BonnLab, Collettivo Antigone, Francesco Malavolta, MariaGrazia Patania, Parole, Radio Bonn, Testimonianze, Traduzioni

Sabato 23 luglio presso la sede del BonnLab a Bonn Beuel si è svolto il Summer Fest che ha riunito persone di varia provenienza mettendo in campo i migliori strumenti per l’integrazione: cibo&musica. Da inizio luglio e in preparazione del prossimo BookClub presso la Stadtbibliothek di Bonn, BonnLab sta esponendo tre scatti del fotoreporter Francesco Malavolta (di seguito nel testo) con la nostra partecipazione come Collettivo Antigone.

Di seguito una traduzione di alcuni stralci dell’articolo di Sandra Prüfer che spiega cosa siano Bonnections e BonnLab, con cui il Collettivo Antigone collabora a Bonn nel tentativo di restituire un volto umano alle migrazioni.

[..]

Bon­nec­tions è un progetto avviato da un gruppo di rifugiati e volontari che si sono incontrati a Bonn attraverso la rete locale di sostegno ai rifugiati. Quando la scorsa primavera abbiamo intrapreso questo percorso volto a lanciare un progetto interculturale e il club del libro 3.0, non avevamo idea di dove saremmo arrivati. L’idea era quella di mettere in collegamento fra loro gli abitanti di Bonn, nuovi e non, il mondo analogico e quello digitale, abbracciare la nostra diversità culturale e umanità condivisa nonché allargare i nostri orizzonti scoprendo insieme valide letture da tutto il mondo.

Come accade nella maggior parte dei progetti creativi, Bonnections ha sviluppato una dimensione propria divenendo più di quanto inizialmente immaginato. Il nostro gruppo si incontra regolarmente nel nuovo laboratorio cittadino a Beuel (NdT: un quartiere di Bonn) per condividere idee e sviluppare narrazioni creative insieme a nuove idee.

Safety

BonnLab nasce da un’idea di Johanna Schäfer, giovane urbanista laureatasi di recente, convinta che ogni città abbia bisogno di un approccio alla questione dello sviluppo urbano che parta dal basso.  Ha inaugurato BonnLab all’inizio di maggio con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita a Bonn incoraggiando un tipo di innovazione, dialogo e cooperazione che scaturisca dai cittadini stessi. Propone varie iniziative e gruppi di volontari fra cui Bonnections o Code­For­Bonn, un luogo dove incontrarsi e lavorare insieme.

Sulla base di un approccio interattivo e partecipato, Bonnections sta sperimentando nuove tecniche di narrazione multimediale. […] Il tema del prossimo incontro ad Agosto riguarda i racconti di viaggio a partire dall’Odissea di Omero che viene considerata la più antica narrazione sul tema.

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[…] Molti dei nostri nuovi vicini sono arrivati a Bonn l’anno scorso come rifugiati in fuga dalla Siria o altre zone a rischio. Sono estremamente grati per essere riusciti ad arrivare in Germania e per il caloroso benvenuto ricevuto dopo la lunga ed estenuante traversata dell’Europa. Da parte nostra, siamo grati che siano sani e salvi. Nonostante la brutale guerra civile in Siria non sia più una minaccia concreta per loro direttamente, continua ad esserlo per le loro famiglie e i loro amici rimasti nel paese. Vivono perennemente nella paura e rimangono in contatto con le famiglie tramite WhatsApp o parlando al telefono quando possono.

[…]

Maria Grazia è entrata a far parte di Bonnections dopo il primo club del libro tenutosi ad Aprile e viene dalla Sicilia. Come emerso in seguito, ha fondato un progetto simile, chiamato Col­let­tivo Antigone, con amici e amiche in Italia per offrire una voce ai rifugiati e ai migranti che arrivavano sulle coste siciliane. “La crisi dei rifugiati in Europa ha assunto proporzioni epiche“, dice. Maria, appena rientrata dall’Italia, condividerà con noi la sua esperienza.

scrittura

[…]

Original article in English by Sandra Prüfer

Photo Copyright: Francesco Malavolta

Traduzione di Maria Grazia Patania

 

Nuovo Cinema Baobab

20 mercoledì Lug 2016

Posted by orukov in 2016, Andrea Lucheroni, Baobab Camp, Baobab Experience, Cinema, Cinema Italiano, Collaborazioni, Collettivo Antigone, Eventi, Parole del Collettivo, Progetti, R-esistenza, Refugees Welcome, Restiamo umani, Testimonianze

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Andrea Lucheroni, Antigone, bellezza, Collettivo Antigone, Parole, Testimonianze

C’era una volta una casa. Era la casa dei viaggiatori senza portafoglio. Quelli che lasciano le impronte e aspettano, tra le carte accumulate sulle scrivanie democratiche, piene di polvere: i migranti transitanti. Noi siamo solo la porta dei loro sogni, una porta chiusa, un’anticamera di una non camera, ma chiunque decideva di passare per l’Italia, sapeva che a Roma in Via Cupa n.5 avrebbe trovato un tetto, un pasto caldo, un sorriso, l’accoglienza, un letto. E così è stato per 35.000 persone. Baobab era la casa del benvenuto, residenti della zona e volontari aiutavano i migranti senza nessun aiuto istituzionale. Lo Stato è comparso a fare la sua parte lo scorso dicembre. Sgomebrando il Baobab con la stessa cura di uno svuota cantine. Ed ora?

La forza della solidarietà non si è mai fermata. Non basta la burocrazia a fermare la speranza di migliaia di persone. Grazie ai volontari di Baobab Experience, che non si sono arresi. Qui in via Cupa continuano ad arrivare migranti ogni giorno. La voce di questo posto era già arrivata sulle vie della speranza oltre il mare, oltre il deserto, dritto nei cuori straziati di queste donne, di questi uomini. Non sanno che è intervenuto lo Stato ed ha ripristinato la “legalità”, così si dice. Sanno che c’è il Baobab per mangiare.

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Una via angusta, quasi segreta, Via Cupa, dove oggi pullulano tende, materassi e accampamenti di fortuna. Proprio lì. Dove c’era il Baobab. Ora è un campeggio di fortuna. Tenuto in piedi dalla forza dei residenti e dei volontari. Eroi.

Ma dobbiamo aiutarli. Il 19 Luglio è successo qualcosa di straordinario qui. Da ripetere. Il Cinema italiano è venuto, ha piazzato uno schermo su via Tiburtina, ha invitato tutti per lanciare il suo grido alle istituzioni e denunciare la situazione in cui lasciamo i ragazzi di via Cupa. Un’esperienza unica, la forza di un film visto assieme ai migranti. Noi e loro. Non davanti ai nostri pc a fare da coro piccionaia sul mondo. Storie in carne e ossa, per quanto deperite, sono arrivate dentro la nostra. Il sindaco -invitato- non c’è, ma non potrà ignorarci tutti. Continueremo a venire qui per i migranti, fin quando non ci daranno una soluzione civile, un tetto, un doveroso servizio di assistenza. Il silenzio è come una ruspa.

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19/7/2016

Lo schermo è bianco, disturbato dai lampioni. Tanti i romani qui davanti in attesa. Chi si è portato una sedia, chi una cassetta di legno, chi siede semplicemente a terra, sul marciapiede rovente di via Tiburtina, non siamo in un multisala raffrescato. Davanti a noi le mura del Verano. Ironie. Dietro di noi Via Cupa. O quel che resta della nostra umanità: tende, materassi, bagni chimici, uomini che pregano davanti ai cassonetti, chinati sulle loro esili gambe. Bambini che già dormono. Come tutti i bambini. Ancora nessuno dei migranti che transitano in via Cupa in queste condizioni ha osato attraversare le due corsie fiume di via tiburtina. Forse le camionette della polizia, inutilmente presenti, li disturbano. Non si fidano più di quelle divise, di quelle istituzioni che fanno accordi col diavolo pur di liberarsi di loro. Proprio ieri sono venuti qui per identificare tutti, dicono, hanno seminato la paura, il terrore tra i migranti, gli hanno ricordato della ferocia delle divise nei loro paesi d’origine, quasi sempre dittature, gli hanno tolto quel vicolo di pace che hanno trovato da qualche giorno. Forse la prima cosa che imparano i migranti è proprio di non fidarsi. Noi siamo qui per voi, gridavano i miei occhi costantemente girati nell’attesa che tutti loro si unissero a noi Romani davanti allo schermo. Siamo qui per darvi la nostra voce.

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Mi giro di nuovo. Vedo una maglietta familiare. Giorni fa ero venuto qui a lasciare il mio aiuto, vestiti, latte… Ed ecco un pezzo di me che continua il viaggio, su un ragazzo. Mi avvicino sorridendo.

Ciao, sai che quella maglietta è mia? – Mi guarda preoccupato – Gli dico subito di stare tranquillo, che ho portato dei vestiti proprio l’altro ieri e che ero contento che lui la indossasse. Si chiama Mengstab, 19 anni, Eritreo. E’ stato respinto in Francia, ora è a Roma, ha lasciato le impronte, dice, come se fosse il suo ticket d’ingresso ad una nuova vita, ma vuole andare in Germania, stare qualche anno lì per poi trasferirsi in Canada e raggiungere una parte della sua famiglia. E’ simpatico, scherziamo molto, dice che non è vero che ho 31 anni, ne dimostro 25. Lo ringrazio. Ho cercato nei suoi occhi, nel suo sorriso e ho trovato una forza vitale che ho invidiato. Noi siamo codardi. Lui non ha portafogli, documenti, soldi, ha solo un taccuino con dei numeri. Gli lascio il mio. Gli ho detto, noi siamo qui per voi, guardiamo insieme questo film.

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Mi presenta il suo amico, Tesfay, 20 anni, Eritreo. Lui vuole andare in Gran Bretagna. Gli dico di Brexit. Lui sorride ed ha ragione… Londra è sempre allo stesso posto, eh. E’ qui con sua moglie e suo figlio di 1 anno. Non voglio immaginare quanto duro sia stato il viaggio per arrivare qui, non voglio chiederglielo. Ognuno ha il suo masso nello stomaco, quello è davvero pesante, ma bisogna continuare il viaggio sempre. Questo c’è nei suoi sorrisi. Sorrido. Mi chiedono se ho delle amiche da presentargli, scherziamo un po’, come fossimo vicini di casa.

Finalmente anche gli altri migranti si avvicinano, hanno preso coraggio. Inizia il film. Tutti insieme, seduti sulla stessa terra con gli occhi verso LAMERICA.

PS Se siete a Roma, andate in Via Cupa, stringete la mano, lasciate il vostro aiuto, non lasciamoli soli. Per informazioni aggiornate sui prodotti necessari di giorno in giorno visitare la pagina FB o l’account Twitter.

Di Andrea Lucheroni (foto e testo)

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Life Jacket Project

15 venerdì Lug 2016

Posted by orukov in 2016, Andrew Wakeford, Collaborazioni, Collettivo Antigone, Eventi, Fred George, Life Jacket Project, MariaGrazia Patania, Mostre fotografiche, Olocausto del Mare, Parole del Collettivo, Progetti, R-esistenza, Radio Bonn, Refugees Welcome, Restiamo umani, Testimonianze, Traduzioni

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Andrew Wakeford, Antigone, Collettivo Antigone, Fred George, Life Jacket Project, MariaGrazia Patania, Olocausto del Mare, Parole, Testimonianze, Traduzioni

Un muro mobile fatto di giubbotti salvagente recuperati dalle spiagge greche e installato come simbolo di protezione per i rifugiati provenienti da paesi dilaniati dalla guerra.

Da molti mesi migliaia di persone sono in fuga da paesi in guerra del Vicino Oriente. Cercano la pace in Europa, in cui ripongono le loro speranze. A testimonianza di ciò i media ci sottopongono una marea di foto, fra cui numerosi giubbotti salvagente recuperati nell’isola di Lesbo e recinti di filo spinato provenienti dalle frontiere della regione balcanica.

L’installazione di Fred George e Andrew Wakeford ci permette di posare un nuovo sguardo su questo dramma. Si tratta di una visione introspettiva perché qui le singole persone sono in primo piano e confidano storie riguardanti fuga ed espulsione dal proprio paese.

Entrambi gli artisti con foto ed interviste si sono avvicinati ai rifugiati e hanno ottenuto il permesso di realizzare dei ritratti personali. L’obiettivo dell’installazione è costruire un muro mobile composto da giubbotti salvagente recuperati dalle coste greche e ritratti di singoli rifugiati. Attaccato ad ogni giubbotto c’è un codice cui è annodata la peculiare storia del singolo rifugiato.

Il massiccio impiego di filo spinato nell’installazione illustra le condizioni estreme della guerra in Siria. I giubbotti salvagente -autentici e presi in Grecia- erano necessari per proteggere i rifugiati durante la pericolosa traversata. Tuttavia le frontiere chiuse li obbligano dentro lager dotati di recinti e filo spinato.

In occasione della mostra nella Johanneskirche di Saarbrücken  dal 15 luglio al 26 agosto 2016 verrà riprodotto un esemplare di questo muro di circa 10m di lunghezza e 3m di altezza con annessi i singoli ritratti dei rifugiati.

Le pagine seguenti mostrano esempi dei sovracitati ritratti e delle persone che si sono fatte intervistare e fotografare da Wakeford e Georg.

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*All rights reserved / Taken from here


Suo zio vive da tempo a Stoccarda e ha incoraggiato Abdalrhmar a venire in Germania. Alla fine si è deciso ad abbandonare una Aleppo dilaniata dalle bombe.

L’allora 17enne Abdalrhmar ha trascorso quattro mesi in Turchia prima di intraprendere la ben nota rotta balcanica diretto in Germania. Questa rotta lo ha portato ad attraversare il mare per arrivare in Grecia e Macedonia dove ha dormito quattro giorni in strada. Spesso la sua vita è stata messa a repentaglio e una volta ha dovuto nascondersi nei boschi. Dopo 17 giorni di cammino a piedi è arrivato infine a Stoccarda.

La cosa più difficile è la lingua. Tuttavia, quando si riesce a padroneggiarla in qualche modo, si può sperare in un lavoro o in una casa. Non gli viene difficile imparare nuove lingue, dice Abdalrhman in un buon tedesco che nel frattempo impara a ritmi serrati presso il centro Diakonie. Parla anche turco e francese.

Ad Abdalrhman le persone nel Saarland sembrano gentili, mentre a Stoccarda era un po’ diverso. Abdalrhman ora ha 18 anni e la sua richiesta di asilo procede. Dopo aver terminato gli studi scolastici, vorrebbe diventare meccanico preferibilmente a Sindelfingen (nel Baden-Württemberg), presso la Mercedes.

Quando finirà la guerra in Siria, vorrebbe ritornare ad Aleppo.

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*All rights reserved / Taken from here


Aya e Walaa sono gemelle e sono arrivate in Grecia attraversando il Mediterraneo con una imbarcazione malmessa. Dopo un lungo viaggio a piedi, in treno o autobus sono arrivate in Germania dove vive la sorella maggiore di nome Diyala. Diyala da due anni vive col marito e due figlie in Germania. I genitori non sono sopravvissuti alla guerra in Siria: il padre è morto dopo un attentato e la madre si è spenta poco dopo per un tumore.

Walaa ha iniziato a studiare farmacia, mentre Aya ha studiato informatica. Entrambe sperano di poter proseguire gli studi in Germania. Vivevano a Damasco e si erano trasferite in Giordania per completare gli studi. Avendo ottenuto ottimi voti hanno iniziato gli studi universitari, ma le opportunità di trovare un lavoro in Giordania per i Siriani sono alquanto ridotte. Pertanto si sono risolte a raggiungere la sorella in Germania che vi abitava da 6 mesi.

Il viaggio è durato oltre una settimana, a volte hanno dormito sul freddo pavimento o, nel migliore dei casi, in un caldo autobus. Avevano poco cibo e anche l’acqua scarseggiava. Senza smartphone sarebbe stato quasi impossibile viaggiare, così come usufruire della funzione navigatore e comunicare.

Tuttavia ce l’hanno fatta ed erano felicissime di rivedere la sorella dopo la lunga separazione. Sono rimaste un mese nel centro di Lebach e queste giovani donne, aperte ed amichevoli, hanno goduto della sicurezza offerta dalla Germania e apprezzano le persone. Si sentono le benvenute. L’unica difficoltà riguarda l’apprendimento della lingua.

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*All rights reserved / Taken from here

Traduzione di Maria Grazia Patania

Deutscher Artikel hier


Nota della Traduttrice: Tradurre dal tedesco mi pone sempre di fronte a molti interrogativi relativi alla validità del testo finale che, purtroppo, non viene nemmeno rivisto mancandomi una collega di riferimento. Tuttavia, ho deciso di concedermi il lusso di sbagliare e considerare i testi tradotti dal tedesco come un laboratorio cui chi ci legge può partecipare con osservazioni e suggerimenti. Contravvenendo alla regola aurea del traduttore, ho creduto che fosse più importante parlare piuttosto che tacere.

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