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Archivi della categoria: Libano

Portami Via, diario di una migrazione

21 mercoledì Giu 2017

Posted by cristallina555 in 2017, Cinema, Cinema Italiano, Collettivo Antigone, Cristina Monasteri, Esilio, Exile, Libano, Olocausto del Mare, Refugees Welcome, Restiamo umani, Senza categoria, Sguardi dalla Siria, Siria, Sostenibilità, Testimonianze, Torino

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Tag

Assad, Comunità valdese, Corridoi Umanitari, europa, Famiglia Makawi, Hannah Arendt, Integrazione, Marta Santamato Cosentino, ONU, Portami Via, Sant'Egidio, Torino, Turchia, Valdesi

Da Tripoli a Via Tripoli! – scherza Jamal, padre e marito che, per fuggire alle persecuzioni di Assad, ha guidato la sua automobile dalla Siria al Libano per portare la sua famiglia lontana dalla persecuzione; poi dal Libano alla Turchia e infine l’Italia: Torino, dove il 13 giugno al cinema Lux è stato proiettato “Portami via”. Un viaggio nelle migrazioni e attraverso il percorso di una famiglia siriana,  dal Libano all’Italia. 

Prima del film è stato possibile approfondire la condizione dei rifugiati in Libano, dove un quarto della popolazione è costituita da migranti, grazie al lavoro di Jean-Claude Chincheré. Il progetto “Beirut e i rifugiati siriani in Libano”, mostra le condizioni in cui sono costretti a vivere i rifugiati a Tripoli e nei campi profughi di confine.

“Portami Via”, Il documentario di Marta Santamato Cosentino, è il racconto di un privilegio che dovrebbe essere un diritto: i Corridoi Umanitari, di cui poco si parla e che potrebbero invece essere la soluzione all’Olocausto del mare, alla crisi dei flussi migratori degli ultimi anni che ci ostiniamo a definire una emergenza da risolvere con misure temporanee, inadeguate e prive di rispetto per la dignità umana.

Portami_Via

Portami Via, regia: Marta Santamato Cosentino

Il lavoro di Santamato è il diario intimo e delicato di una migrazione che, attraverso le differenti età dei membri della famiglia, ricostruisce un quadro fatto di ricordi e aspettative, desideri e curiosità e voglia d’integrazione.
Chissà se a Torino c’è un mercato dove poter fare la spesa, chissà che ortaggi si cucinano in Italia, chissà come sono le persone lì; Milano, Roma. Torino, Juventus.
Si sono informati i Makawi e fanno l’inventario del contenuto dei bagagli mentre i ragazzi, eccitati per la partenza, ripetono numeri e frasi fatte che saranno utili per comunicare con gli italiani.

La famiglia Makawi guarda con malinconia le fotografie della vita prima della guerra: un terrazzo pieno di fiori, la luce del giorno e i sorrisi dei bambini, feste e compleanni, il salotto dove ricevere gli ospiti, l’Università, il lavoro.
Jamal, arrestato molte volte, è stato incarcerato per

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La prigione come metafora della Palestina: incontro con Mai Masri

24 venerdì Mar 2017

Posted by claudialaferla in 2017, Cinema, Cinema palestinese, Claudia La Ferla, Collettivo Antigone, Libano, Parole del Collettivo, Roma, Senza categoria

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Tag

3000 Notti, Archivio del Movimento Operaio, Carcere, Cinema, Cinema al femminile, Claudia La Ferla, Detenzione amministrativa, Giornate della cultura palestinese, Leonardo De Franceschi, Mai Masri, Palestina, Teatro Palladium

Mercoledì 15 marzo, si è tenuta a Roma l’anteprima nazionale del film realizzato dalla regista palestinese Mai Masri, 3000 Notti, suscitando un piccolo caso a causa della cancellazione dell’evento che si sarebbe dovuto tenere al Teatro Palladium nell’ambito delle Giornate della cultura palestinese. Tra lo sconcerto dei più è la stessa Masri a dire: «Sono arrivata a Roma lunedì, molto emozionata per il fatto che il mio film sarebbe stato proiettato in uno dei teatri più grandi della città, il Palladium, in collaborazione con l’Università di Roma Tre, sponsorizzato dall’Archivio del movimento operaio e dall’Ambasciata palestinese». Alla fine, dando un forte segnale di “resistenza culturale”, come sottolineato anche nel corso del dibattito che ha seguito la visione del film, 3000 Notti è stato presentato nella sala Zavattini dell’Archivio del Movimento Operaio in tre proiezioni successive: alle 16, 18 e 21 e alle 20 la regista ha potuto incontrare il pubblico . L’Aamod ha accolto, infatti, con sorpresa la notizia della cancellazione dell’evento ed ha offerto la sua sala cinematografica. Spiega la regista palestinese: «Al mio arrivo ho scoperto che il mio film era stato tolto dal programma, per non dire cancellato». Di lì a breve un comunicato stampa della Fondazione Palladium Roma Tre e uno dell’Ambasciata di Palestina in Italia hanno annunciato, però, che la proiezione sarebbe stata semplicemente rimandata al 6 aprile, occasione in cui si terrà anche una tavola rotonda sul cinema palestinese con la regista, dei critici cinematografici e – conferma l’ufficio stampa dell’ambasciata palestinese a Roma – la stessa ambasciatrice Mai Alkaila. Di certo questo susseguirsi di incomprensioni ha generato molti dubbi lasciando trapelare ovvie problematiche politiche che, come spesso accade, finiscono per colpire l’arte come mera vittima sacrificale. Si diceva, però, che l’evento si è tenuto ugualmente e la risposta del pubblico è stata massiccia: questa è la più forte e importante risposta. Quello che è accaduto a Roma lo scorso 15 marzo è la dimostrazione evidente della resistenza di una corposa parte di società che non è disposta a sacrificare la cultura e l’arte soprattutto quando questa si fa portavoce di messaggi importanti, chiari e urgenti.

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Incontro con Mai Masri. Sala Zavattini, Roma (Mai Masri, Leonardo De Franceschi, Monica Maurer dell’Aamod)

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Racconti una storia e poi vorresti raccontarle tutte, Jean-Claude Chincheré

20 lunedì Mar 2017

Posted by orukov in 2017, Collaborazioni, Collettivo Antigone, Jean-Claude Chincheré, Libano, Refugees Welcome, Restiamo umani

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Collettivo Antigone, Jean-Claude Chincheré, Libano, Refugees Welcome, Stay Human

Con ritardo mi trovo a scrivere questo testo per Antigone che più che collettivo mi sembra una grande famiglia. Una realtà così bella, così vera, che viene voglia di abbracciare i suoi componenti uno ad uno.
Sono stato invitato a raccontare quella che è stata l’esperienza che mi ha stravolto un po’ tutta la vita.

Fino a un paio di anni fa sapevo veramente poco del Libano e della vita dei rifugiati in questo Paese. Nel febbraio del 2015 mi trovavo a Mons in Belgio, in una classe internazionale di cinema in cui incontrai delle ragazze libanesi che mi raccontarono quello che stava succedendo nel loro Paese. Rimasi folgorato dal loro racconto e decisi che una volta tornato in Italia mi sarei documentato meglio sulle condizioni dei rifugiati siriani. In quello stesso periodo mi trovavo a dover decidere un tema per la mia tesi di laurea all’Accademia di Belle Arti di Torino, corso di Nuove Tecnologie per l’Arte. “E’ fatta!” pensai, prenotai i biglietti aerei per agosto, direzione Beirut! Nel frattempo avevo contattato il dipartimento di comunicazione di “UNICEF Lebanon” che da subito ha accettato il mio progetto e mi ha offerto completo supporto logistico nei campi informali nella Valle della Bekaa. In questa vallata a est di Beirut c’è la più grande concentrazione di rifugiati siriani in territorio libanese, circa 600.000 persone, per lo più donne e bambini.

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