Ho 17 anni, mi chiamo Aliou e vengo dal Gambia. Sono partito per avere un futuro migliore e speravo di andare in Niger, ma non avevo soldi per il viaggio e quindi prima mi sono fermato in Burkina Faso dove ho vissuto un periodo durissimo: in quel paese non conoscevo nessuno, ero completamente solo e senza soldi. La vita era durissima e ho dovuto chiamare la mia famiglia per chiedere aiuto, ma a casa non avevano denaro da mandarmi. Così ho atteso che mio fratello mi desse i soldi necessari per arrivare in Niger, ad Agadez, dove sono rimasto per molto tempo. Un mio cugino era a Tripoli, in Libia, e conosceva un trafficante che mi ha fatto entrare nel paese, ma una volta arrivato ho dovuto lavorare duramente per poter guadagnare e continuare il viaggio. Sono rimasto nove mesi a Sabha: la Libia è un posto indescrivibile, ci sono giorni in cui lavori tutto il giorno ma alla fine non ti pagano o ti picchiano. Ho vissuto così, nel terrore, per nove mesi.
Quando alla fine avevo raccolto i soldi per pagare il trafficante che da Sabha mi avrebbe portato a Tripoli, glieli ho consegnati, ma invece di portarmici mi ha derubato. Con immenso dolore sono rimasto lì e ho continuato a lavorare lo stesso per pagare un altro trafficante. Questa volta il trafficante mi ha fatto partire, ma il viaggio verso Tripoli è stato terribile: di solito durerebbe qualche ora, ma noi ci abbiamo messo due settimane e, siccome in quel periodo d’era il Ramadan, non potevamo bere o mangiare. Per tutto il viaggio verso Tripoli abbiamo praticamente bevuto solo acqua quando riuscivamo. Arrivato in città, la mia avventura è continuata e ho ricominciato a lavorare per pagarmi il viaggio sulla barca: era quello l’unico modo per non morire. Dalla Libia si può uscire vivi solo salendo su una barca e sperando di toccare terra.
Dopo aver pagato, un nuovo trafficante ha portato me e altre persone a mare, lasciandoci lì ad aspettare che arrivasse il nostro turno per imbarcarci: io ci ho provato due o tre volte a salire su una imbarcazione in partenza, ma ogni volta non ci riuscivo perché erano in troppi a bordo. L’attesa è stata lunghissima e non avevamo cibo o acqua: siamo sopravvissuti grazie a Dio e abbiamo bevuto acqua salata fin quando non siamo riusciti a imbarcarci. Dopo qualche ora dalla partenza, è arrivata una grande nave italiana che ci ha salvati e da quando siamo saliti a bordo è cominciata una nuova vita. Abbiamo avuto da mangiare e da bere, è cambiato tutto. Per tre notti siamo rimasti sulla nave, poi ci hanno fatti sbarcare a Catania dove ci è stato dato altro cibo e altra acqua fin quando non è arrivata la macchina che ci ha presi e portati qui ad Augusta dove vivo adesso.
Appena sono arrivato al centro, mi sono lavato e ho incontrato delle persone meravigliose che mi vogliono bene e si prendono cura di me. Da quando sono arrivato non mi è mai mancato nulla e ci sono tante persone che si preoccupano per me. Il mio sogno è tornare a fare il sarto, come facevo nel mio paese, e nel frattempo studio italiano e vado a scuola. Non avrei mai immaginato di venire in Italia: il mio piano era di andare in Libia per lavorare lì, ma è impossibile sia viverci che tornare indietro. Non avevo idea di cosa mi aspettasse e non vorrei che qualcun altro facesse lo stesso viaggio che ho fatto io.
Abarakà: grazie
Aliou è uno dei ragazzi del gruppo intermedio cui insegno italiano. È fra i più volenterosi e motivati a imparare la lingua. Credo non sia mai mancato a una lezione, nemmeno con la febbre a 38. Stiamo cercando di realizzare il suo sogno di diventare sarto o quantomeno di valorizzare il suo talento e speriamo di riuscirci presto. In ogni caso, per adesso, siamo felici che sia stato selezionato per un tirocinio nel settore agricolo al termine di un periodo di formazione professionale. Qualunque cosa gli riserverà il futuro, noi speriamo di camminare al suo fianco.
di Maria Grazia Patania