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Stealthing oltre le stelle

08 lunedì Ott 2018

Posted by francescacola in #MeToo, 2018, Collettivo Antigone, Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne, Il Corpo delle Donne, ll Corpo delle Donne, MeToo, Parole del Collettivo, Restiamo umani, Stealthing, Testimonianze

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#MeToo, Antigone, Collettivo Antigone, I Giorni delle Donne, Parole, Stealthing, Testimonianze

La vacanza è quasi finita, Lucy ha scelto di restare qualche giorno in più da sola mentre gli amici sono dovuti rientrare per lavoro.

Fa caldo, il mare, sua fonte di energia, le da calma e serenità. Non teme gli sguardi curiosi di chi la vede sola per strada o a cena ma non è stupida e sa che la sua sicurezza viene prima di tutto quindi evita di inoltrarsi nel cuore della cittadina di notte.

C’è un ristorantino molto carino a due passi dal suo appartamento, decide di cenare lì, è vicino a casa e sufficientemente affollato da non farla sentire in pericolo o sola.

I camerieri sono gentili e il cibo fantastico. I commensali che la circondano fanno in varie lingue congetture su questa donna, seduta da sola nel mezzo del cortiletto dove sono disposti i tavoli già tutti occupati. Lei sorride, non sanno che li capisce.

Dopo cena decide di andare a prendere un gelato che si gode seduta su una panchina sul lungomare. La luna alta e grande circondata da miriadi di stelle si riflette sul mare calmo e scuro.

La serenità la pervade ma è ora di tornare a casa, domani è l’ultimo giorno di vacanze e Lucy vuole goderselo al massimo.

Il giorno dopo lo trascorre al mare, nota che ci sono diverse donne sole e si sente sollevata.

Arriva la sera, è affamatissima. Si prepara, indossa jeans, maglietta e sandali, sebbene le sere siano eccezionalmente calde non vuole dare nell’occhio. Esce, segue il suono della musica, c’è un concerto di una cover band locale. Cantano i Queen e altri grandi del passato, non è male, decide di fermarsi e ballare un po’. Ma è sola, gli occhi degli uomini iniziano a farsi pesanti sul suo corpo, decide di andar via.

Cibo, ok dove si va? È l’ultima sera, dovrei cercare un posto nuovo ma sono pigra. Vediamo se c’è posto al ristorante sotto casa.

Il posto c’è, anche i camerieri sono gli stessi, solo la hostess è cambiata.

Lucy viene accolta con un “ben tornata” che la fa sentire sicura e a casa. Ordina un bicchiere di vino bianco e gamberoni alla griglia.
Davanti a lei un tavolo con una coppia sulla 50ina. La moglie le da le spalle, il marito la nota e sornione la scruta durante tutta la cena attento a non farsi beccare dalla moglie. Lei evita di incrociare il suo sguardo, finisce di mangiare, chiede il conto, paga e va via senza né salutare né ringraziare, c’è troppa gente, i camerieri sono occupatissimi.

È l’ultima sera, non vuole tornare subito a casa, si addentra nelle stradine del centro storico, compra un gelato e si siede ai piedi di una statua a contemplare le antiche mura che la circondano. Passano pochi minuti e il primo uomo le siede accanto. Lei sorride e continua mangiare il suo gelato e ammirare tutto ciò che le gira intorno. Poi ne arriva un altro, poi dei ragazzi. La base della statua all’improvviso diventa claustrofobiaca. È tempo di tornare a casa.

Mentre percorre la piccola stradina adornata da tavoli e turisti, arriva davanti al ristorantino dove ha cenato e lì la ferma il cameriere che l’aveva servita. Lui, Daniel, è giovane e sorridente.

Sei andata via senza dire nulla, mi sono girato e non c’eri più.

Eravate così impegnati, non mi sembrava il caso di disturbare. Risponde Lucy.

Ti posso offrire da bere?

Ci pensa un attimo, la situazione sembra sicura, la strada è illuminata e c’è gente che va su e giù.

Perché no?

Lui sta per finire il turno, le riempie un bicchierino di liquore e torna a lavoro chiedendole di aspettarlo. Lei si siede, accende una sigaretta e aspetta.

Alla fine del turno le propone di andare in riva al mare con i suoi colleghi per una birra e due chiacchiere. Ci sono anche delle ragazze, Lucy è serena, le piace l’idea di finire così le sue ferie e decide di seguirli.
Arrivano su uno spiazzale dove c’è già un gruppetto di ragazzi che suona la chitarra e canta.

C’è ancora quella luna che occupa metà del cielo stellato, il mare è una tavola, la musica tradizionale in sottofondo crea un’atmosfera magica. Le sembra di essere nella scena di un film.
Si parla dell’Italia e del loro Paese, si rendono conto che sono più simili di quanto pensassero. Ci ridono su.

Lucy è seduta accanto a Daniel che la guarda sorridendo poi la stringe a se e la bacia. È un bacio dolce che la fa sorridere, lei ha 40 anni, lui poco più della metà.
Trascorrono un paio d’ore molto piacevoli poi lui la guarda e dice, andiamo a casa? Lei risponde di sì. Si baciano ancora.

Sul tragitto, dopo aver capito che nessuno dei due aveva preservativi, cambiano rotta e trovano un negozietto dove comprarli.

Tornano a casa, si abbracciano, si spogliano, si accarezzano e si scoprono. Lui mette il preservativo ma qualcosa non va. Si fermano, sorridono, parlano un po’ e poi ricominciano a esplorarsi. Il preservativo è sempre lì.

Lucy è quasi incredula, quante emozioni in una sola serata, non avrebbe potuto sperare in una fine di vacanza migliore. Daniel la penetra, si baciano, si girano e si rigirano sul letto circondati dai vestiti buttati sul pavimento.

Ma c’è qualcosa di strano, pensa Lucy, qualcosa che non la fa stare tranquilla e chiede, tu il preservativo lo hai ancora su giusto?

No.

Le si gela il sangue nelle vene. Lo spinge via e si copre con le lenzuola. Salta fuori dal letto e gli urla di andarsene.

Daniel si giustifica dicendo, credevo lo avessi capito, scusa non hai visto? Non hai sentito?

No, non ho visto, non ho capito! Credevo che chiederti di comprarli e fartelo mettere prima del rapporto fosse sufficiente per farti capire che senza non lo faccio. Esci da questa casa, ora!

Daniel si alza e si riveste, piano, come se volesse darle il tempo di cambiare idea. Lucy lo segue con lo sguardo da lontano ripetendo come un mantra, mi sono fidata, hai abusato della mia fiducia.

Ma tu lo sapevi, insiste Daniel.

Fuori! Urla Lucy, esci da questa cazzo di casa ora!

La porta si chiude, Lucy torna a letto ma non riesce a dormire.

Cretina, sei una cretina. Non ti dovevi fidare, non dovevi rischiare.

Si sente sprofondare nel letto come in quella famosa scena di trainspotting, ma non per estasi.

Appena torno a casa analisi del sangue ma non dirlo a nessuno. Mai. Punto. Faresti solo la figura della scema.

E così fa, al rientro non dice nulla, non va dal dottore, non ci pensa più. Fa finta che quella sera non sia mai avvenuta.
Passano quasi due mesi, sta bene, ha ripreso a lavorare e la vita procede serena. Finché un giorno trova un articolo di giornale sullo stealthing. Non ne aveva mai sentito parlare. Nel leggere si accorge che è esattamente quello che è successo a lei. È reato, dicono, equivale a stupro. Un uomo è stato condannato (in Svizzera).

La memoria la riporta in quella camera da letto, alle urla. FUORI, ORA!

La assalgono ansie e preoccupazioni, e se avessi contratto qualcosa?!

Inizia la ricerca spasmodica di un ospedale che le possa dare risposte e farle fare il test dell’HIV. Lo trova, telefona e va, sola.

L’accoglie un sorridente infermiere al quale racconta quello che le è successo. Non riesce a trattenere le lacrime, chiede scusa per la sua stupidità, si vergogna della sua stupidità.

Lui la rassicura dicendo che i casi di contrazione dell’HIV sono rarissimi, se non c’è stato rapporto anale o orale completo può stare tranquilla. Lei ha fatto il possibile, ha comprato i preservativi e si è assicurata che lui lo indossasse. Il resto non è colpa sua.

Anche il miglior conducente nulla può se gli arriva un tir addosso.

È vero pensa Lucy, ma non è sufficiente per calmare i demoni che le occupano il cuore e lo stomaco.

È colpa mia, è il mio corpo, avrei dovuto accorgermene. È solo colpa mia.

L’infermiere le poggia una mano sulla spalla e la fissa sorridendo.
Lucy si ritrova paralizzata sulla sedia, in lacrime.

Mica ci sta provando?! Non vede che piango, non capisce che sono sottosopra? Pensa mantenendo un sorriso di circostanza.

Lui inizia a farle dei complimenti, dai che ti porto a cena io, hai bisogno dell’uomo giusto.

Il tempo si congela, Lucy vuole solo uscire da quella stanzetta buia, salire in macchina e tornare a casa.

Lui insiste, ci vediamo sabato quando verrai a ritirare i risultati, ti porto fuori io!

Allibita, stanca, nauseata e arrabbiata va via.

Com’è possibile che anche davanti a una donna che sta attraversando un momento di fragilità l’uomo non arretra, non aspetta, non rispetta e non manca occasione di provarci?!?

Il test dell’HIV non è sufficiente, serve la prescrizione per epatite b e c. Non vuole andare dal dottore che conosce da 20 anni a spiegare di nuovo quello che le è successo ma non ha scelta.

Si siede e racconta, ma con meno dettagli questa volta e senza lacrime. La risposta del dottore la lascia basita.

Ma dai, voleva solo avere un contatto più intimo! Sorride malizioso.

Lucy si sente crollare il mondo addosso e con voce rotta ribatte, ma io ero stata chiara, avevo detto solo con preservativo.

Sei troppo ansiosa Lucy, capita, non è la fine del mondo, voleva solo godere di più.

Sí, ma contro la mia volontà, vorrebbe urlare lei.

Invece è ferma, sguardo basso, mani che tremano.

Con il cuore in gola si alza per andar via, grazie per la prescrizione e buona giornata.

Anche a te, e stai serena! A proposito, come sono andate le vacanze, dove sei stata?

Bene, sono andata oltre le stelle.

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