Con ritardo mi trovo a scrivere questo testo per Antigone che più che collettivo mi sembra una grande famiglia. Una realtà così bella, così vera, che viene voglia di abbracciare i suoi componenti uno ad uno.
Sono stato invitato a raccontare quella che è stata l’esperienza che mi ha stravolto un po’ tutta la vita.
Fino a un paio di anni fa sapevo veramente poco del Libano e della vita dei rifugiati in questo Paese. Nel febbraio del 2015 mi trovavo a Mons in Belgio, in una classe internazionale di cinema in cui incontrai delle ragazze libanesi che mi raccontarono quello che stava succedendo nel loro Paese. Rimasi folgorato dal loro racconto e decisi che una volta tornato in Italia mi sarei documentato meglio sulle condizioni dei rifugiati siriani. In quello stesso periodo mi trovavo a dover decidere un tema per la mia tesi di laurea all’Accademia di Belle Arti di Torino, corso di Nuove Tecnologie per l’Arte. “E’ fatta!” pensai, prenotai i biglietti aerei per agosto, direzione Beirut! Nel frattempo avevo contattato il dipartimento di comunicazione di “UNICEF Lebanon” che da subito ha accettato il mio progetto e mi ha offerto completo supporto logistico nei campi informali nella Valle della Bekaa. In questa vallata a est di Beirut c’è la più grande concentrazione di rifugiati siriani in territorio libanese, circa 600.000 persone, per lo più donne e bambini.