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Cinema, Crazy for football, Crazy for football-il libro, David di Donatello 2017, Francesco Trento, Miglior documentario, Mondiali di calcio pazienti psichiatrici, Santo Rullo, Volfango De Biasi
Crazy for football si presenta essenzialmente come una finestra aperta sull’emozione. Questo concetto fa leva sul fatto che lo spettatore viene da subito messo in una condizione di “osservazione privilegiata” attraverso un punto di vista mai contaminato dal vezzo o dal virtuosismo, semmai guidato da una consapevole quanto rispettosa autorialità. De Biasi, infatti, utilizza l’obiettivo come una lente di ingrandimento attraverso cui passare al setaccio storie, emozioni ma soprattutto volti e lo fa con la delicatezza di un esperto d’arte che, indossati i guanti di velluto, sta attento a non compromettere la verità. Il più grande punto di forza del documentario vincitore del David di Donatello 2017, è proprio quel “cineocchio” caro al cinema d’avanguardia sovietico dei primi anni ’20, che rende De Biasi un moderno “uomo con la macchina da presa” alla ricerca non di una mera e asettica verità, quanto, mi verrebbe da dire, di una “estetica della realtà”. Quest’ultimo, infatti, rimane addosso ai protagonisti creando una composizione del cadrage funzionale alla narrazione: il continuo quanto simbolico gioco di spazi tra i loro volti racchiusi in claustrofobici primi piani e gli ampi campi da gioco che hanno il sapore di libertà, rimandano ad un sottotesto di isolamento/condivisione, esclusione/integrazione ma soprattutto solitudine/comunità.
Crazy for football racconta la storia di un gruppo di pazienti psichiatrici provenienti da diversi dipartimenti di salute mentale di tutta Italia, chiamati a disputare il campionato più importante: i mondiali per pazienti psichiatrici a Osaka, in Giappone. Accompagnati dallo psichiatra Santo Rullo, allenati da Enrico Zanchini e preparati dall’ex pugile Vincenzo Cantatore, il gruppo di pazienti affronta diverse sfide non solo per entrare ufficialmente a far parte dei 12 convocati ma soprattutto per tornare in Italia da campioni del mondo. Da anni Santo Rullo, presidente dell’Associazione italiana di psichiatria sociale, si batte affinché i pazienti affetti da disturbi mentali vengano reinseriti nella società. Proprio in quest’ottica il calcio diventa una via concreta per farlo. Già nel 2006 Volfango De Biasi aveva raccontato in Matti per il calcio l’esperimento del dottor Rullo, dieci anni dopo, con Crazy for football, porta sul grande schermo una storia di speranza in cui non c’è spazio per il pietismo: durante tutti i 70 minuti, la narrazione procede fluida virando in modo consapevole dal registro comico a quello emozionale. De Biasi sta lì, dietro la macchina da presa, eppure non se ne avverte quasi mai la presenza se non attraverso qualche breve e sporadica incursione della sua voce che pone una domanda. Questo approccio assottiglia del tutto la separazione tra narratore-fatti narrati-spettatore, arrivando quasi ad un punto di fusione tra le tre dimensioni catapultando lo spettatore al di qua dello schermo. Inoltre, la narrazione sembra non seguire alcuna traccia ma scriversi da sé momento dopo momento, inquadratura dopo inquadratura. Anche in questo sta la forza del documentario: la penna sapiente e delicata dello sceneggiatore Francesco Trento e dello stesso Volfango De Biasi, ha saputo cogliere il perfetto taglio di questa storia. Forse l’unico che potesse assumere per non perdere forza.
Ci sarebbero moltissime simbologie da cogliere all’interno di Crazy for football, che caricano ulteriormente la pellicola di senso: il campo da calcio, il gioco, la competizione, il ring dove viene intervistato Vincenzo Cantatore, il viaggio e soprattutto le maglie che ogni giocatore indossa con il proprio nome e numero simbolo di una identità rivendicata ed esibita tanto in campo quanto nella vita. Con molta incredulità questi ragazzi parlano di sogni: qualcuno abbassa lo sguardo con imbarazzo come se fosse un diritto a lui negato o non accessibile a tutti, altri hanno ancora il coraggio di immaginarsi, un giorno, come “qualcuno di importante”. È questa la vittoria più grande di un progetto come quello portato avanti da Santo Rullo, la tutela dell’identità. La meritata conquista dell’ambito David come miglior documentario segna la vittoria di un progetto ben più ampio che premia non solo il coraggio di Santo Rullo, di Zanchini, di Cantatore, di Volfango De Biasi e Francesco Trento che hanno dato prova di essere due fuori classe del cinema – di quelli che stanno in zona cesarini certi di mettere a segno una grande giocata, per rimanere in ambito calcistico – ma soprattutto il bisogno di esserci di questi ragazzi. Esserci nel mondo. Esistere. Molti di loro, alla domanda qual è il tuo sogno, hanno risposto “questo qua, andare in Giappone”. Ecco la sintesi del perché proprio in apertura si parlava di finestra aperta sull’emozione.
Il 21 Settembre esce il libro di Crazy for football firmato sempre da Francesco Trento e Volfango De Biasi. Come recita il sottotitolo: è la storia di una sfida davvero pazzesca.
Per approfondimenti: www. facebook.com/crazyforfootballillibro/
Di Claudia La Ferla