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Collettivo Antigone

~ Proteggere e custodire le leggi naturali di ogni essere vivente

Collettivo Antigone

Archivi tag: Poesia

La poesia è una scuola di umanità. Per non dimenticare

21 lunedì Gen 2019

Posted by claudialaferla in 2019, antisemitismo, Auschwitz, Collettivo Antigone, Francesco Malavolta, I Giorni della Memoria 2019, Olocausto, Poesia, R-esistenza, Restiamo umani, Senza categoria, Testimonianze

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Anna Frank, Auschwitz, Francesco Malavolta, I Giorni della Memoria 2019, Joyce Lussu, Olocausto, Poesia, Primo Levi

Scrivere una poesia dopo Auschwitz è barbaro – diceva Adorno nel 1949 – e ciò avvelena anche la stessa consapevolezza del perché è divenuto impossibile scrivere oggi poesie. La frase è passata alla storia perché pone l’importante questione della rappresentabilità dell’orrore. Ma Paul Celan, che l’orrore dei campi di concentramento l’aveva vissuto sulla propria pelle e che per tutta la vita se lo era portato cucito addosso, rispondendo proprio ad Adorno, ha scritto che una poesia è possibile anche ad Auschwitz. La poesia – diceva Celan – in virtù della sua essenza, e non della sua tematica, è una scuola di umanità vera: insegna a comprendere l’altro in quanto tale e cioè la sua diversità; invita alla fratellanza e contemporaneamente al profondo rispetto dell’altro, anche là dove questi si manifesta come deforme o con il naso adunco.

Se questo è un uomo di Primo Levi (1947)

Voi che vivete sicuri

Nelle vostre tiepide case,

voi che trovate tornando a sera

Il cibo caldo e visi amici:

Considerate se questo è un uomo

Che lavora nel fango

Che non conosce pace

Che lotta per mezzo pane

Che muore per un sì o per un no.

Considerate se questa è una donna,

Senza capelli e senza nome

Senza più forza di ricordare

Vuoti gli occhi e freddo il grembo

Come una rana d’inverno.

Meditate che questo è stato:

Vi comando queste parole.

Scolpitele nel vostro cuore

Stando in casa andando per via,

Coricandovi alzandovi;

Ripetetele ai vostri figli.

O vi si sfaccia la casa,

la malattia vi impedisca,

i vostri nati torcano il viso da voi.

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Ph. Francesco Malavolta

15 luglio 1944

Ecco la difficoltà di questi tempi: gli ideali, i sogni, le splendide speranze non sono ancora sorti in noi che già sono colpiti e completamente distrutti dalla crudele realtà.

È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo. Mi è impossibile costruire tutto sulla base della morte, della miseria, della confusione.

Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte il rombo l’avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l’ordine, la pace e la serenità.

Intanto debbo conservare intatti i miei ideali; verrà un tempo in cui forse saranno ancora attuabili.

La tua Anna

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Ph. Francesco Malavolta

Un paio di scarpette rosse di Joyce Lussu (1944 circa)

C’è un paio di scarpette rosse

numero ventiquattro

quasi nuove:

sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica

“Schulze Monaco”.

C’è un paio di scarpette rosse

in cima a un mucchio di scarpette infantili

a Buckenwald

erano di un bambino di tre anni e mezzo

chi sa di che colore erano gli occhi

bruciati nei forni

ma il suo pianto lo possiamo immaginare

si sa come piangono i bambini

anche i suoi piedini li possiamo immaginare

scarpa numero ventiquattro

per l’eternità

perché i piedini dei bambini morti non crescono.

C’è un paio di scarpette rosse

a Buckenwald

quasi nuove

perché i piedini dei bambini morti

non consumano le suole.

Siria 1

Ph. Francesco Malavolta

Testo trovato in un Ghetto nel 1941

Da domani sarà triste, da domani.

Ma oggi sarò contento,

a che serve essere tristi, a che serve.

Perché soffia un vento cattivo.

Perché dovrei dolermi, oggi, del domani.

Forse il domani è buono, forse il domani è chiaro.

Forse domani splenderà ancora il sole.

E non vi sarà ragione di tristezza.

Da domani sarà triste, da domani.

Ma oggi, oggi sarò contento,

e ad ogni amaro giorno dirò,

da domani, sarà triste,

Oggi no.

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Ph. Francesco Malavolta

Prospettive. Omaggio di parole a Francesco Malavolta

04 lunedì Lug 2016

Posted by orukov in 2016, Antonella Taravella, Collaborazioni, Collettivo Antigone, Francesco Malavolta, MariaGrazia Patania, Parole del Collettivo, Progetti, R-esistenza, Refugees Welcome, Restiamo umani, WordSocialForum, Yacob Fouiny

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Antigone, Collettivo Antigone, Francesco Malavolta, MariaGrazia Patania, Parole, Poesia, Testimonianze, Yacob Fouiny

Words Social Forum

malavolta

Francesco Malavolta è un fotogiornalista. Dal 1994 collabora con varie agenzie fotografiche nazionali ed internazionali, con organizzazioni umanitarie quali l’UNHCR e l’OIM. Dal 2011 documenta, per conto dell’Agenzia dell’Unione Europea “Frontex”, quel che accade lungo i confini marittimi e terrestri del Continente. Da subito orienta quasi totalmente i suoi lavori sulle frontiere e di conseguenza sul flusso migratorio dei popoli, in particolare su quello proveniente dal mare. Segue le vicende dall’immigrazione fin dall’inizio degli anni Novanta, dai tempi del grande esodo dall’Albania. Semplice e rigoroso il suo metodo di lavoro: studiare, documentarsi, prepararsi a ogni servizio come se fosse il primo. Non dare mai niente per scontato. E “disarticolare” con le immagini l’idea che le migrazioni siano una specie di fenomeno idraulico: un “flusso” dove gli individui, il loro nome, la loro identità, e il loro sguardo, non esistono più.

***

*Zeitgeist è un termine intraducibile della lingua tedesca…

View original post 2.032 altre parole

Ai fratelli sconosciuti morti nella speranza di vivere

04 sabato Giu 2016

Posted by orukov in Claudia La Ferla, Collaborazioni, Collettivo Antigone, Francesco Malavolta, I figli della fortuna, MariaGrazia Patania, Parole del Collettivo, Poesia, Progetti, Refugees Welcome, Restiamo umani, Testimonianze, Yacob Fouiny

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2015, Antigone, bellezza, Claudia La Ferla, Collettivo Antigone, MariaGrazia Patania, Parole, Poesia, Testimonianze

Hanno lasciato i loro villaggi con il sorriso e i loro cari con le lacrime.

Sua madre l’ha stretto forte a sè dicendogli “sii forte, figlio mio! Tu sai quanto ti voglio bene, ritorna presto a me…“.

Poi lui partì verso l’ignoto, verso una terra che dicono ricca di umanità e progresso.

Egli voleva fuggire dalla povertà per tornare ai suoi cari con più luce.

Così partì pensando di prendere il cammino verso il paradiso.

Invece atterrò all’inferno.

Si imbarcò con degli sconosciuti dopo aver pagato un prezzo caro per attraversare il mare: pensava di comprare un biglietto per la fortuna! Ahimè si imbarcò sul treno della morte.

Bambino del calore, non conosceva il freddo.

Bambino del deserto, non conosceva il mare.

Bambino della terra, non sapeva nuotare.

Intrappolato fra cielo e mare, ecco che arriva una terribile onda e la barca ondeggia!

Cade nelle acque profonde…

Bambino della pianura, non sapeva nuotare.

Nella sua disperazione si dimenava inutilmente: pensava al suo villaggio, ai suoi fratelli e alle sue sorelle, ai suoi amici, a suo padre ma soprattutto a sua madre.

Nel suo ultimo soffio, scivolavano lacrime sul viso e tuffandosi diceva: “Perdonami, madre, io non sono riuscito ad aiutarvi e muoio senza averti più rivista“.

Fu più difficile di quanto egli credesse.

La potente Europa: inaccessibile, irraggiungibile!

Quale destino!

È nato nella terra arida, ma è morto in mare aperto.

È morto a causa di un mondo senza pietà, a causa di un sistema assassino.

Egli è morto mentre voleva vivere…

Onore a voi! Eroi dei tempi moderni!

di Yacob Fouiny, 17 anni, Costa d´Avorio

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 *Photo Copyright: Francesco Malavolta


Qualche giorno fa in un articolo che ho avuto il piacere di scrivere ho esplicitato con fermezza un pensiero che sento nel profondo: L’arte non ha popoli eletti. Conosco questo “giovane poeta figlio del mondo” da dietro uno schermo… Uno schermo che non permette differenze e che annienta le barriere paradossalmente proprio innalzando una barriera. Non sapevo chi avessi dall’altra parte, ma in quell’istante importava poco: le sue parole bucavano lo schermo. Mi racconta la sua storia attraverso le sue poesie scritte in un italiano perfetto. Mi pongo molte domande, ma poi mi perdo nelle sue parole. Mi racconta di sé e in quelle righe trovo un mondo… Con fermezza, decisione e consapevolezza mi fa una proposta: Voglio fare un cortometraggio. Sì, ebbene sì, anche l’Africa fa cinema per chi se lo stesse chiedendo, perché se per un attimo smettessimo di pensarli come “parte d’arredo” di un barcone, potremmo vederli e vederci per quelli che siamo (e non sono). Si fida di me, di una mano che può aiutarlo a scrivere una sceneggiatura, a tradurre il suo talento in immagini e la sua fiducia mi gratifica più di qualunque altro complimento ricevuto fino ad oggi. Il suo testo è un pugno allo stomaco che vale la pena di essere diffuso.

Claudia La Ferla

Questo blog è nato principalmente per non perdere le storie che mi venivano raccontate da chi arrivava nella mia terra, la Sicilia, e avevo l’onore di ascoltare. Dare voce a chi spesso voce non ha. Ho conosciuto Yacob inconsapevolmente nel giugno 2014 in un centro di prima accoglienza. Consapevolmente ad agosto 2015 quando andai a fare colazione col mio gigante buono che doveva poi incontrare un suo caro amico. Il caro amico si rivelò una persona dall’intelligenza vivissima e una proprietà di linguaggio in italiano che io col tedesco dopo 3 anni non possiedo. Da quel momento ho sperato di poterlo ospitare qui e finalmente ce l’abbiamo fatta. Dietro questo testo ci sono molte telefonate, tante confidenze e preoccupazioni. Dietro questo post ci sono speranze e sogni che noi speriamo di contribuire a tradurre in realtà. Quanto racconta Claudia è vero: mentre io discutevo con Yacob su come farlo scrivere qui, deciso lui mi dice “Maria, voglio fare un corto con le nostre storie“. E qui io alzo le mani e subentra Lei. Oggi comincia un percorso nuovo per il Collettivo Antigone e siamo onorati che Francesco Malavolta sia con noi. Spero che il viaggio insieme continui ancora per molto. Per osservare come ci ha sostenuti fino ad ora, cliccate sulla categoria che porta il suo nome e ascoltate le sue foto.

Maria Grazia Patania

Questo post è stato pubblicato per la prima volta nel Novembre 2015.

Il mare è un antico idioma che non riesco a decifrare

02 lunedì Mag 2016

Posted by orukov in 2016, Collaborazioni, Collettivo Antigone, Francesco Malavolta, MariaGrazia Patania, Olocausto del Mare, Parole del Collettivo, Poesia, R-esistenza, Refugees Welcome, Restiamo umani

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Antigone, bellezza, Collettivo Antigone, Francesco Malavolta, MariaGrazia Patania, Olocausto del Mare, Parole, Poesia

Da Novembre abbiamo collaborato varie volte con Francesco, sperimentando quello che abbiamo denominato: effetto Malavolta. Si tratta di quel fenomeno per cui un blog quieto come il nostro si trasforma in un affollatissimo luogo in cui convergono lettori di tutto il mondo. Letteralmente. I nostri affezionati 25 manzoniani lettori si moltiplicano a dismisura e a fine giornata ci ritroviamo tutt* fra lo stordito, l’incredulo e l’esaltato brindando al fatto che il tempo impiegato a scrivere, correggere, riflettere, ritoccare, rivedere sia valso la pena.

L’effetto Malavolta ha fatto sì che uscissimo dall’anonimato più profondo e che le parole del nostro Yacob venissero lette e condivise moltissime volte dal momento che lui che è stato il primo “estraneo” a credere nel progetto del Collettivo Antigone. Quello che abbiamo tutt* avuto modo di apprezzare è la sua profonda umanità e il solido impegno con cui svolge il suo lavoro. Pertanto, sono mesi che tento di trovare la forma migliore per rendere omaggio al suo lavoro, al profumo del mare che emanano le sue foto, alla brezza che si impiglia fra i vestiti dei suoi viaggiatori per necessità e alla sua traboccante umanità. Sono mesi che col resto del Collettivo ci interroghiamo su come far conoscere Francesco persona, più che Francesco fotoreporter. E alla fine mi sono arresa al bisogno di affidare questo compito alla poesia e alla letteratura. Quindi segue una selezione di scatti di Francesco abbinati ad alcune poesie, ma non solo.

Se però aveste voglia di leggere una bellissima intervista, vi consiglio di andare qui. Se invece voleste ascoltarlo, andate qui. Durante questi mesi gli ho fatto centinaia di domande. Ne riporto solo una perché nella risposta credo sia racchiuso tutto.

“Si torna mai indietro?” “No, si rimane sempre con loro. Il cuore almeno“

Emily Dickinson

Da un’asse all’altra avanzavo
così lenta, prudente.
Sentivo le stelle sul capo,
e sotto i piedi il mare.
Questo solo sapevo:un altro passo
poteva essere l’ultimo.
Ed avevo quell’andatura incerta
che chiamiamo esperienza.

feet

A Zacinto — Foscolo

Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell’onde
del greco mar da cui vergine nacque

Venere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l’inclito verso di colui che l’acque

cantò fatali, ed il diverso esiglio
per cui bello di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.

Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.

grave

Se questo è un uomo — Primo Levi

Se questo e’ un uomo
Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.

chains

Nazim Hikmet — Arrivederci fratello mare

Ed ecco ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare
mi porto un po’ della tua ghiaia
un po’ del tuo sale azzurro
un po’ della tua infinità
e un pochino della tua luce
e della tua infelicità.
Ci hai saputo dir molte cose
sul tuo destino mare
eccoci con un po’ più di speranza
eccoci con un po’ più di saggezza
e ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare

scrittura

Dio in fasce —  Federico Garcia Lorca

E così, Dio scomparso, che voglio averti.
Piccolo cembalo di farina per il neonato.
Brezza e materia unite nell’espressione esatta
per amor della carne che non sa il tuo nome.

E così, forma breve d’inefferabile rumore,
Dio in fasce, Cristo minuscolo ed eterno,
mille volte ripetuto, morto, crocifisso,
dall’impura parola dell’uomo che suda.

kid

Le Mani della Madre — Rainer Maria Rilke

Tu non sei più vicina a Dio
di noi; siamo lontani tutti. Ma tu hai stupende
benedette le mani.
Nascono chiare in te dal manto,
luminoso contorno:
io sono la rugiada, il giorno,
ma tu, tu sei la pianta.

bimba rosa

A tutte le Donne — Alda Merini

Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso
sei un granello di colpa
anche agli occhi di Dio
malgrado le tue sante guerre
per l’emancipazione.
Spaccarono la tua bellezza
e rimane uno scheletro d’amore
che però grida ancora vendetta
e soltanto tu riesci
ancora a piangere,
poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,
poi ti volti e non sai ancora dire
e taci meravigliata
e allora diventi grande come la terra
e innalzi il tuo canto d’amore.

mum

Incipit di Cristo si è fermato a Eboli — Carlo Levi

Noi non siamo cristiani, – essi dicono, – Cristo si è fermato a Eboli. Cristiano vuol dire, nel loro linguaggio, uomo […]

Noi non siamo cristiani, non siamo uomini, non siamo considerati come uomini, ma bestie, bestie da soma, e ancora meno che le bestie, i fruschi, i frusculicchi, che vivono la loro libera vita diabolica o angelica. […]

In questa terra oscura, senza peccato e senza redenzione, dove il male non è morale, ma è un dolore terrestre, che sta per sempre nelle cose, Cristo non è disceso. Cristo si è fermato a Eboli.

cross

Il mare è un antico idioma che non riesco a decifrare – Jorge Luis Borges

boats

Giuseppe Ungaretti

Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie

mani

Lorenzo Milani — L’obbedienza non è più una virtù

Se voi però avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri miei stranieri.

bimba

Selezione foto e poesie di Maria Grazia Patania

Photo Copyright: Francesco Malavolta

 

Voci di donne. Poesie per la Donna.

09 mercoledì Mar 2016

Posted by morfea in Antonella Taravella, Giorni delle Donne, Poesia

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Alba Gnazi, Baronessa di Carini, Book Editore, Claudia Brigato, Collettivo Antigone, Cristina Rizzi Guelfi, Daìta Martinez, Daniela Pericone, Enza Armiento, La Vita Felice, Monaca di Monza, Parole, Patrizia Sardisco, Poesia, Silvia Rosa

La poesia per omaggiare le Donne: ho scelto le voci poetiche e loro hanno scelto la voce da portare, la voce da far ascoltare.
Ad accompagnare le poesie ci sono le immagini di Cristina Rizzi Guelfi, giovane fotografa a cui sono molto legata. [post a cura di Antonella Taravella]

mare

In The Mirror di Alba Gnazi

Guarda dice,
guarda
ma preferisco l’odore
delle suole strusciate, il grigioperla
del disappunto, una porta verso
libertà senza cauzioni, come un
istante poesia tra le ginocchia

preferisco
un fiato corto con cui accorciare il cielo
accorciare il mondo che mi strema
accorciare la distanza dal suo riflesso
così concreto
da ustionarmi la voce

Guardami, dice ancora
come ci fossimo solo noi
a scongiurare la caduta del suolo in mare
o noi a contar piedi dopo una dipartita:

come non sapesse che
non ho mai amato il
coraggio d’esser vivi
nei fuori onda, a meno di avere
un buon vino.

Guardami: guarda noi
E guardo, sì: guardo:
bianchissima guardo
il suo bianchissimo pieno
guardo noi, lei
al mio posto e me
tutta intera, che
dal riflesso invocata
invoco e guarda, dico:
guarda.

monza

Gertrude, la Monaca di Monza di Enza Armiento

Sono la Monaca di Monza, GERTRUDE. SI’, proprio io!
Quella che conoscete dai libri, a cui …ehmmmmm….piacciono gli uomini, che…, se li porta in convento… e… profana il luogo di Dio. Ma di tanto in tanto anch’io sento il bisogno di inginocchiarmi e di pregare, poi piango la mia MALEDIZIONE.
Mio padre! La sua vita di imperio su di me esercitato, ha confuso carità con violenza.
Martino de Leyva, Signore di Monza, gentiluomo di rara qualità, ma soprattutto LADRO, dei beni e delle proprietà che mi appartenevano per diritto. Ha calpestato ogni mio diritto di libertà, prima ancora di nascere. Mi ha destinata al convento. Le mie bambole? Vestite da monaca! E come mi faceva chiamare dai miei fratelli? La “Madre badessa”
Ha distrutto la mia giovinezza, mi hai privato di ciò che la mia natura mi chiedeva: L’AMORE! Mi ha chiusa tra le mura di questo convento e io ora grido: “Maledetto il giorno, in cui hai messo incinta mia madre!”
Grido come quando per tener fede alla promessa che ho dovuto fare, mi fustigavo, DOVEVO placare l’ardore della carne, della mia gioventù.Sono state tante le notti in cui mi picchiavo a sangue e lui a godersi ciò che a me aveva tolto, mi aveva tolto! Il mio essere DONNA!Ma l’amore qui, mi ha scovata e Dio… mi guardava mentre lui mi amava. Io? guardavo il mio peccato. Mia figlia che ho dovuto nascondere, l’altro che mi aspetta di là, se un cielo, un giorno, mai per me ci sarà.

icona

Riduci a Icona di Patrizia Sardisco

Il passo altero elastico
ieratico animale di savana
serrato
[è indotto stretto]
costretto a un gioco d’anche
ed anche a un giogo: una sfilata.
Ti fermi, stai, ti volti, torni indietro.
Riduci a icona
il volto il corpo il gesto:
nell’immortale niente resta vivo.
Riduci a icona, e già
la posa è defilata
nell’angolo giù in basso

baronessa

Baronessa di Carini di Daniela Pericone (da Aria di ventura, Book Editore, 2005)

– Da dove venite, signora? -.
La voce, per quanto querula fosse,
le giunse come una fune
nel fondo di un pozzo,
un appiglio per riuscire
a considerarsi ancora viva.
Il suo aspetto non era dei migliori
così pallida e scarmigliata
come il dolore l’aveva resa,
scampata a una furia di uragano.
Poteva dirsi fortunata
di essere ancora lì a rimuginare
su di sé e addirittura sentirsi
rivolgere la parola da qualcuno.
Rispose con l’ansia di chi
non vuole deludere le aspettative:
– Vengo da Carini, e sto cercando
una stanza per la notte -.

La camera, che il padrone
dell’albergo le aveva destinato
con aria circospetta
mista a curiosità, era piccola
e ben tenuta e aveva anche il pregio
di non affacciarsi su una strada
affollata, ma su una radura
semideserta che dava l’idea
di non riempirsi nemmeno sotto
la canicola forte dell’estate.
Adesso, il soffio gelido
della tramontana dava enfasi
a quei cavalloni che le era sempre
piaciuto restare a guardare,
ogni inverno della sua stupida vita.
Perché da stupida lei aveva agito
finora e da ingenua, ma tant’è,
lo sanno tutti che bisogna graffiarsi
a sangue prima di imparare
che non conviene avventurarsi tra i rovi.
A vent’anni forse avrebbe potuto
virare, dare un colpo di reni
e incunearsi in quella serie
di combinazioni che la vita
dispone per seguire gli argini giusti.
Avrebbe dovuto lasciare i sentieri
conosciuti della sua terra
e senza clamori porre tra lei e gli altri
metri, chilometri, anni luce di distanza.
Perché già da tempo, chiusa dentro
un sogno che le parlava di continuo,
vagava lontana e straniera.
Invece era arrivato
come un accadimento ineluttabile,
determinato come l’avvicendarsi
delle stagioni o il susseguirsi
della notte al giorno, il matrimonio
della nobile primogenita dei Lanza,
quale lei era, con il barone di Carini.
Del tutto impensabile contrastare
la volontà di un padre come il suo,
un uomo talmente aduso al potere
da non aver bisogno di parole
per affermarlo, e poche volte
da quando era nata poteva dire
d’aver provato per lui qualcosa
di appena diverso dal terrore.
Ora che era morto in vece sua,
i suoi occhi così come il suo cuore
non conoscevano rimpianto, né rimorsi,
né quei rigurgiti di affetto che
la perdita di qualcuno comunque
fa sgorgare, come il getto di una fonte
riprende a fluire una volta rimossa
la pietra che lo teneva compresso.
Lui era stato ucciso
e lei era salva, e libera,
di una libertà tragica distesa
su una pozza di sangue.
Quello del padre, ma anche
quello del marito, e dell’amante.
I loro destini si erano intrecciati
scontrati, dilaniati, le mani armate
si erano confuse con quelle urlate
in difesa, gli intenti si erano
rimescolati, i ruoli scambiati,
le sorti capovolte.
Lei era la sopravvissuta,
l’unica, l’essere più solo al mondo.
Con monete di porpora il riscatto
della sua vita era stato pagato.

pancia

*

; una parola . basterebbe una parola rotta, anche . solo quella . una parola da svitare e vomitare dall’inizio della pentola a bollire ai capelli raccolti sulla guancia a pezzetti di quegli anni che proprio non mi riesce imbastire su questa carezza soffiata adesso che non ha volume la pioggia e le bancarelle del mercato e quella terrazza che ritorna e che non voglio tornare . una parola a smontare la gabbia di carne e umori e i panni stesi che non s’asciugano mai e stracciano l’immobile alternarsi della spinta, dentro dico . non puoi vederla tu ( da lontano ) la spinta e a me non riesce nominarla quella parola conficcata nella zona buia della pancia eppure così chiara da poterla gridare mentre si fa precipizio l’angolo dalle scarpe in questo cielo che si apre e possente brucia nell’intimo crepuscolo della mano . una parola . ne basterebbe una di rame o lana o roba vecchia da cercare tra cianfrusaglie di ognicchè la mattina di piazza marina con l’albero dalla chioma grande e le calze sfilate acqua dopo acqua per contrastare e raschiare a sera quel livido annodato con forza dall’orco che non era di racconto capitato nel bosco ma è di qui il segno apostrofato a calci che non vedi perché non puoi vedere gli squarci strozzati nell’accesso a una parola che nuota di fame dietro il cancello quando mi domandi dove ho lasciato la tenerezza e rimane disordine muto alle caviglie :

Daìta Martinez

lettere

LETTERA SENZA MITTENTE di Silvia Rosa (da Genealogia Imperfetta, La Vita Felice 2014)

Mia cara, sei, come si dice, un libro aperto, in cui leggo di tutte le notti che hai trascorso appesa al bordo sbeccato dell’alba, in attesa che il sole ti spunti su un fianco, ma il sole non viene, il sole è una mandorla fredda che tarda a fiorire, e allora tu ti raccogli in un pugno di frasi non dette e riponi i pensieri ordinati tra il lino sottile che punge e un cuscino imbevuto dell’eco di mare, morbido di silenzi sgualciti, dove metti a dormire i tuoi occhi e le mani e le labbra. Mia cara, sei, come si dice, una pagina bianca, in cui tutti vorrebbero scrivere qualcosa che resti, che tu impari a sorridere e a piangere e ad essere come ti chiedono, ma tu, che vuoi essere tu solamente, segni d’inchiostro la carne nascosta del seno con un punto e a capo, con un neo a cui manca la lettera in mezzo, e poi rotoli i fogli dei polsi testardi fino a stringere la linea decisa del giorno, un altro, e il tuo corpo ripiegato adesso si lib(e)ra mentre nuoti e galleggi nel tuo latte, nutriente indelebile e candido.

madre

Dietro a quel cancello il salice
ripara sacro nell’ombra il recinto
che ti fa corona e mantello
Madre-Madonna
Sirena-Medusa di pietra
scolpite a culla le braccia
fermo al petto il sospiro lungo quanto i miei ricordi
“Venite a me bambine, venite a me”
cantavi muta ai miei giorni innocenti.

Ora Madre che senza paura posso
guardarti dritta e non impietrare,
sciogli dal velo gli occhi
concedi ai fianchi le lunghe braccia

siedi in terra, madre
liberati dalla grazia
ed in pace riposa

Claudia Brigato

quinta

la quinta stagione di Antonella Taravella

questo farmi donna
nella preghiera del sole
lentamente squarciata dalla voce
carne

donna che non crede nella memoria
mano aperta sulla pancia che non piange
la terra sazia l’uncino delle parole
solitarie

ammaestrata dalla salsedine
un filo di perle nel farmi bella di nuvole
essere
donna
spaventa il buio

Angye Gaona: quando la poesia civile è donna

27 venerdì Nov 2015

Posted by morfea in Poesia, Traduzioni

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Andrea Garbin, Angye Marcela Gaona, Colombia, Movimento del Sottosuolo, Poesia, Valeria Raimondi

Angye Marcela Gaona è nata a Bucaramanga, Colombia nel 1980. Nonostante la sua giovane età è molto attiva sia negli ambienti culturali che in quelli dell’impegno civile, sociale e politico del suo paese. Per cinque anni è stata membro del comitato organizzatore del Festival Internazionale di Poesia di Medellin. Nel 2001 ha organizzato la prima Esposizione di Poesia Sperimentale. Coltiva la passione per la scultura e per il giornalismo radiofonico. Nella sua città svolge un’intensa attività di promozione del valore della poesia. Sue poesie sono state inserite in pubblicazioni cartacee ed elettroniche, tra cui un’antologia di nuove voci della poesia colombiana, pubblicata dall’Università di Monterrey (Messico). Nascimiento Volàtil, edito nel 2009, è il suo primo volume di poesia, uscito in Colombia con le illustrazioni di Natalia Rendón, nell’anno in cui ha partecipato all’Incontro Internazionale di Surrealismo contemporaneo intitolato La Soglia Segreta, svoltosi a Santiago del Cile; evento definito come la più importante esibizione mai realizzata dal movimento surrealista in Sudamerica. Nel 2010 ha composto il poema sperimantale Los Hijos del viento (I figli del vento), parzialmente tradotto in catalano, francese e portoghese.

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#iomivergogno

23 giovedì Lug 2015

Posted by antigoneblog2015 in Collettivo Antigone, Eventi, Poesia, Testimonianze

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2015, Annamaria Giannini, arrestatelerondini, Collettivo Antigone, ilreatodimigrare, iomivergogno, Parole, Poesia, preghieraperilmare, Santina Lazzara, Sebastiano Adernò, Testimonianze

Collettivo Antigone trova l’iniziativa importante.
Questo è un paese dalla memoria labile.
L’accoglienza. Abbiamo provato le medesime situazioni. Abbiamo affrontato le migranze con il medesimo sentimento, la speranza.
Speranza che accompagna ogni essere umano che sale sui barconi, speranza che corre con loro sulle onde e intonaca di sale le loro vesti, quello che resta di ognuno di loro.
Non possiamo non aderire perchè anche #noicivergognamo.
Ci vergognamo per le proteste che percorrono l’Italia.
Per i 101 migranti di Quinto, per quelli di Roma e di Avesa.

iomivergogno

Gli stessi ideatori de #arrestatelerondini, #iomivergogno è estensione naturale di #arrestatelerondini #ilreatodimigrare #preghieraperilmare

Dopo gli ultimi accadimenti e l’aria densa e nera che ricopre il nostro Paese abbiamo sentito l’esigenza di urlare che

NOI NO. NON SIAMO COSI.

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Sotto il Cielo di Lampedusa

03 venerdì Lug 2015

Posted by antigoneblog2015 in Collettivo Antigone, Poesia, Testimonianze

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Abdelaziz, Alessandra Carloni Carnaroli, AwaMeite Van Til, Cantieri Meticii, Charlie Hebdo, Chiesa metodista di Bologna, Erri De Luca, Francesco Sassetto, Gino Strada, Global Voices, Gruppo 77, Hamid Barole Abdu, John Donne, Maria Luisa Vezzali, Maria Teresa Infante, multiVERSI, Okwuchi Uzosike, Paolo Polvani, Pina Piccolo, Poesia, Rayuela, Reginaldo Cerolini, San Giuseppe da Copertino, Selam Kidane, Sotto il cielo di Lampedusa, Tareq al Jabr

A giugno del 2015, l’ONU annuncia che ci sono nel mondo 60 milioni di persone in transito, che migrano, si spostano, fuggono, viaggiano adoperando i più diversi mezzi per mettere una certa distanza tra il proprio presente/passato e il proprio futuro. Questa constatazione contrasta in maniera eclatante con tutta una serie di convinzioni ideologizzate che covano da decenni tra le popolazioni di tutto il mondo e che attualmente hanno ottenuto legittimità, vengono promosse da forze economiche e politiche dominanti che muovono milioni di “stanziali” (e perfino un certo numero di immigrati “normalizzati”) a considerare chi si sposta un nemico che si accalca a rubare le poche possibilità che la crisi economica non ha ancora annullato. Questo porta grandi numeri delle popolazioni ad ogni latitudine e longitudine ad agire di conseguenza e ad appoggiare la costruzione di muri, prigioni, sbarramenti anche elettronici, a esprimere consenso per le proposte messe in campo da politici di bombardare esseri umani prima ancora che si mettano in transito, come si sta legiferando in questi giorni in Europa.

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#arrestatelerondini ci parlano gli organizzatori: Annamaria Giannini – Santina Lazzara – Sebastiano Adernò e Sebastiano Patanè Ferro

16 martedì Giu 2015

Posted by antigoneblog2015 in Collettivo Antigone, Eventi, Poesia

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2015, AIASP Casa dei popoli di Roma, Annamaria Giannini, arrestatelerondini, Bibbia D'asfalto, CARA, Collettivo Antigone, Consorzio SolCalatino, Mineo, Nanà Enchant, Parole, Poesia, Roma, Santina Lazzara, Sebastiano Adernò, Sebastiano Patanè Ferro, SPRAR, Testimonianze

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#arrestatelerondini/Il reato di migrare.
E’ nato dall’esigenza di un gruppo di poeti di controbattere al sentire comune e razzista gonfiato dai media contro chi fugge dalla fame e dalla guerra e nel nostro paese dovrebbe trovare nido e accoglienza. Con Sebastiano Patanè Ferro, Sebastiano Adernò e Santina lazzara abbiamo deciso che L’AIASP Casa dei popoli di Roma fosse il luogo ideale, per la sua storia politica di accoglienza e uguaglianza fra i popoli ad accogliere il primo evento di quello che è divenuto nel tempo un format atto a coinvolgere i migranti stessi e farli sentire parte integrante di noi e del nostro sentire. la poesia non può cambiare il mondo ma è impensabile che il mondo cambi senza poesia.
A Roma, in collaborazione con Bibbia D’asfalto e i ragazzi tutti della Casa dei Popoli l’evento si è svolto in un clima di partecipazione e commozione, cominciato con il documentario di Sebastiano Adernò e continuata con le poesie, la musica e la danza della nostra rondine Nanà Enchant, che hanno segnato l’inizio un percorso che destinato a continuare fino a che continua l’orrore della non accoglienza. Come ci siamo sentiti dopo l’evento? Come si sente una goccia nell’oceano.

Ma il dire non è nulla se non è accostato al fare, questa è la nostra strada, questo l’impegno da cui la nostra coscienza non può esimersi. Gli uomini sono la nostra priorità, è Annamaria Giannini a parlarci di questo.

Qui trovate altre informazioni sull’evento di roma, la prima tappa: http://www.siousy.blogspot.it/2014/12/arrestate-le-rondini-il-reato-di.html

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