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16 Dicembre 2016

Di seguito due parole abusate che dobbiamo accantonare: mai più. Decidiamo di non usarle il prossimo mese quando ci riuniremo in occasione del Giorno della Memoria. Ammettiamo che hanno perso il loro significato.

Di certo le intenzioni sono nobili. Dopo l’Olocausto, abbiamo giurato che il mondo non avrebbe mai più permesso un tale orrore. La Shoah avrebbe rappresentato una sorta di raccapricciante capolinea della storia umana – un epilogo da non rivivere mai più che avrebbe mostrato quanto in basso l’umanità può sprofondare.

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*Photo Copyright: Francesco Malavolta – Belgrado

Ma guardiamo cos’è successo da allora. La lista è nota (e, contrariamente a quanto detto da alcuni, viene ricordata ogni Giorno della Memoria): Cambogia, Ruanda, Srebrenica, con il massacro chimico di Hama e Halabja tanto per abbondare. Ed ora dobbiamo includere un altro nome nella “Hall dell’infamia”: Aleppo.

Lì, i civili che avevano passato molti mesi nascosti nei seminterrati, riparandosi da una tempesta senza fine di bombe e granate, quelli che avevano visto fino all’ultimo ospedale deliberatamente bersagliato e distrutto, quelli che avevano visto i loro ospedali improvvisati sottoterra annientati dal cielo, annunciavano al mondo che si stavano preparando alla morte. I loro carnefici – il governo di Assad, affiancato dall’esercito russo e quello iraniano – stavano per riconquistare l’ultimo angolo di Aleppo controllato dai ribelli e loro sapevano che non sarebbero sopravvissuti. Hanno utilizzato i social media per registrare messaggi d’addio, persino i bambini.

Martedì, l’ONU ha fatto sapere che le forze a favore di Assad sono entrate nelle abitazioni dei civili uccidendo chiunque si trovasse all’interno. Si dice che fino a 100.000 persone siano ammassate in un angolo della città, di solo pochi isolati, che è diventato, secondo l’americana National Public Radio un luogo di distruzione “inimmaginabile”, “una carneficina”. L’Unicef ha dichiarato di aver ricevuto notizie di bambini – soli, senza adulti – intrappolati in edifici sotto attacco. Un funzionario dell’ONU l’ha descritto come “un assoluto tracollo di umanità”. La BBC ha riportato che i pochi soccorritori presenti erano costretti ad indossare stivali di gomma: il suolo era completamente ricoperto dal sangue.

Quindi che senso ha dire “mai più”? Ovviamente quello a cui abbiamo assistito in Siria non è una replica dell’Olocausto. Nessuno lo dice. Non è la stessa cosa. Ma la prima volta che il mondo fece quella promessa, non si limitò a dire, “Mai più un uomo chiamato Adolf Hitler ucciderà sei milioni di ebrei”. Intendeva dire che mai più il mondo avrebbe tollerato il massacro di centinaia di migliaia di civili che non hanno fatto male a nessuno. Voleva dire basta con l’indifferenza generale di fronte a tale malvagità. Voleva dire che il mondo non sarebbe rimasto a guardare – passivamente, remissivamente, silenziosamente – permettendo che tutto ciò accadesse.

Ma noi lasciamo che accada. Martedì ho dato un’occhiata, solo un’occhiata lo so, ad una questione che mi ha da sempre preoccupato circa l’Olocausto. Come potevano le persone lontane – per esempio ad Amburgo o nell’Hampshire – continuare a vivere sapendo quello che stava succedendo in quel preciso istante nei campi di prigionia dell’est Europa? Com’era possibile?

Eppure ero lì. Su Twitter ho letto un rapporto dell’ONU su 82 civili giustiziati, ho cliccato su un tweet di addio di una ragazzina di sette anni – “Questo è il mio ultimo istante per vivere o morire” – ma ho anche lavorato e, nel pomeriggio, ho messo via la spesa e guardato la partita dell’Arsenal. La vita continua.

Si parlerà molto dei responsabili oltre che, ovviamente, degli stessi sanguinari colpevoli: i regimi di Damasco, Mosca e Teheran. Alcuni accuseranno Barak Obama, il quale ha limitato l’uso di armi chimiche ma, quando il limite è stato superato, si è rifiutato di intraprendere un’azione militare. Sapendo che la cavalleria americana non sarebbe mai arrivata, Vladimir Putin ha guadagnato sicurezza. Si è reso conto dell’esistenza di un vuoto e ha compreso di poterlo colmare – e così ha fatto.

Altri diranno che Obama non ha agito perché l’opinione pubblica non ha fatto pressioni affinché intervenisse. Se dal 2011 i cittadini americani ed europei si fossero riversati nelle strade delle loro città per protestare indignati contro il massacro perpetrato da Assad, allora Obama e gli altri leader occidentali si sarebbero sentiti obbligati a fermarlo.

Perché l’opinione pubblica non si è indignata? Perché i media ed i cosiddetti movimenti contro la guerra non hanno dato voce alla rabbia collettiva come avrebbero dovuto. (È difficile non essere d’accordo con lo studente del SOAS che ha twittato che “Se Israele facesse ad Aleppo quello che Russia/Iran/Assad stanno facendo, 200.000 persone scenderebbero nelle strade di Londra per protestare”).

Avremmo moltissimo tempo per attribuire le colpe e parlare delle lezioni imparate. Ma decidiamo una cosa adesso. Non diciamo mai più “mai più”. Non significa nulla.

Di Jonathan Freedland editorialista per il ‘The Guardian’

Traduzione di Francesca Colantuoni