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Li vedete i ragazzi che, nel video pubblicato dal Corriere di Como (che trovate qui), piegano quelle coperte lasciate in mezzo alla strada di fronte ai poliziotti in tenuta anti sommossa? Sono volontari che cercano di salvare il salvabile.
Sapete perché lo stanno facendo?


Oggi, intorno alle 16, gli operatori ecologici dell’azienda APRICA Spa sono intervenuti presso la stazione di Como – San Giovanni per sgomberare gli effetti personali lasciati dai rifugiati in attesa di raggiungere la Germania attraverso il confine svizzero inaccessibile.
Alcuni di loro erano semplicemente andati in bagno. Tornati, non hanno più trovato i loro oggetti personali. Le uniche cose che possedevano al mondo. Gli unici oggetti che erano stati loro donati per poter sopravvivere, in attesa di lasciare il nostro paese. Dico nostro paese e mi si stringe un nodo in gola.
Io mi vergogno.
Gli operatori di APRICA hanno portato via tutto ciò che era stato donato dai cittadini ai rifugiati momentaneamente sistemati in un campo di prima accoglienza, praticamente per la strada: coperte, tende in buono stato, effetti personali, borse, abiti. Gli unici oggetti che possedevano sono stati gettati per la strada, nelle pozzanghere, nei cassonetti, portati via dagli operatori ecologici di APRICA.
Mi vengono in mente le valigie ammassate nelle stanze di Auschwitz, le coperte, le protesi, le borse, i pettini, i capelli. Mi vengono in mente tonnellate di materiale umano, di effetti personali, di persone private del più piccolo residuo di dignità. Persone, esseri umani. Non dimentichiamolo.
Io vedo un paese che rivendica un posto tra i grandi del XXI secolo e che, invece, non è nemmeno in grado di garantire il basilare diritto alla vita, il diritto di respirare. Il diritto di possedere un paio di pantaloni, una giacca, un borsone, una coperta, un pezzo di sapone.
Il diritto di esistere.
Vedo un paese che si vanta delle proprie conquiste in fatto di stile, design, moda, enogastronomia, ingegneria, fisica e medicina che non è assolutamente all’altezza del posto che pretende di occupare.
Vedo delle persone tronfie e compiaciute di aver sottratto l’identità ad altri esseri umani.
Vedo un paese privo di pietà, privo di sentimenti, privo di ragione, privo di amore. Vedo bestie.
Mi sovvengono le immagini dei ghetti. Le immagini in bianco e nero, lontane nel tempo e nello spazio. Invece sono qui, quelle stesse immagini sono diventate vicine, mi sovrastano, mi annientano, mi soffocano. Sono annichilita.
Vedo lacrime di coccodrillo per i milioni di ebrei privati della propria identità, marchiati, deportati e poi vedo compiacimento per aver schiacciato, umiliato le vittime di un nuovo olocausto.
La nostra inadeguatezza nel fornire un riparo non deve essere una scusa, non può giustificare un atto deplorevole come quello che è stato perpetrato oggi, a Como.
Se esiste un dio, che vi perdoni.

Le immagini che seguono sono state scattate qualche giorno fa, prima dello scempio, dalla nostra collaboratrice Carla Colombo. Il progetto fotografico, nella sua interezza, si chiama In the limbo.

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R-esistiamo!

 Cristina Monasteri

*Se questo è un uomo, Primo Levi