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Femminicìdio s. m. – Termine con il quale si indicano tutte le forme di violenza contro la donna in quanto donna, praticate attraverso diverse condotte misogine (maltrattamenti, abusi sessuali, violenza fisica o psicologica), che possono culminare nell’omicidio. Questo tipo di violenza affonda le sue radici nel maschilismo e nella cultura della discriminazione e della sottomissione femminile: le donne che si ribellano al ruolo sociale loro imposto dal marito, dal padre, dal fidanzato vengono maltrattate o uccise.
Enciclopedia Treccani – Lessico del XXI Secolo
Sul caso Weinstein si sono ormai espressi tutti, dal mondo del giornalismo a quello del bar Sport: chiunque ha fornito opinioni, molti hanno ceduto alle insinuazioni, tanti si sono spinti oltre la decenza.
L’impressione è che la pretesa di ulteriori “prove” nei confronti di chi ha denunciato abbia avuto un peso maggiore rispetto al riconoscimento di un sistema malato e degli stessi colpevoli.
L’indignazione, soprattutto al di qua delle Alpi, non è esplosa in tutto l’auspicabile fragore perché parliamo di una consuetudine accettata e considerata accettabile per via di un supposto compromesso che agisce sulle dinamiche del mondo dello spettacolo (e non solo). L’indignazione è stata soffocata dalle illazioni, dalla “denuncia alla luce di chi la sporge” ma anche “alla luce di chi la riceve”.
“Perché non hanno denunciato prima? Perché aspettare vent’anni?”
Siamo sicuri che, se gli abusati avessero denunciato prima, l’opinione pubblica sarebbe stata in grado di reagire in modo sano?
Siamo proprio sicuri che, se gli orchi non fossero stati potenti, l’opinione pubblica (e parte del mondo dell’informazione e della politica), avrebbe reagito allo stesso modo?
Continuo a pormi queste domande e, visto il mio amore per la Storia, non fanno che tornarmi alla mente alcuni nomi.
Nomi di donne che testimoniano quanto il sistema di delegittimazione delle vittime sia antico, consolidato e proprio di una società maschilista che giuridicamente si è evoluta solo alla fine del Novecento ma che conserva, generalmente, una inclinazione alla colpevolizzazione del più debole.
Artemisia Gentileschi, pittrice romana contemporanea di Caravaggio, fu introdotta alle Belle Arti dal padre Orazio, anch’egli pittore, che ne riconobbe da subito il talento affidandola diciottenne agli insegnamenti di Agostino Tassi che l’avrebbe seguita nello studio della prospettiva. Continua a leggere