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Le frontiere, materiali o mentali, di calce e mattoni o simboliche, sono a volte dei campi di battaglia, ma sono anche dei workshop creativi dell’arte del vivere insieme, dei terreni in cui vengono gettati e germogliano (consapevolmente o meno) i semi di forme future di umanità – Zygmunt Bauman
Guardo la carta geografica e, cercando il Mali, mi rendo conto di come siano lineari i suoi confini e quelli di molti altri paesi. Come se qualcuno, un bel giorno, avesse deciso di giocare a Risiko con l’Africa: “Toh! Da qui a qui è roba mia, oltre la linea è roba tua.”
Che cosa assurda i confini! Quando vengono tracciati con il righello, poi, mi rendo conto (ancor di più), di quanto siano arbitrari (e insensati). Certo, le etnie e le identità vanno riconosciute e rispettate; certo bisogna riconoscere ai popoli il diritto di appartenenza. Tutto vero, tutto giusto ma se l’idea di nazionalità per gli umani di serie B (i poveri), fosse un concetto utile a farli restare poveri laggiù, in un posto lontano che ci immaginiamo “con le capanne e i leoni della savana”?
Un posto lontano da noi “civilizzati” che i “nostri” poveri li multiamo per aver rovistato nella spazzatura (nella quale sicuramente troveranno i duecento euro per pagare la contravvenzione).
Non divaghiamo, oggi vi porto in Mali Continua a leggere