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Collettivo Antigone

~ Proteggere e custodire le leggi naturali di ogni essere vivente

Collettivo Antigone

Archivi autore: cristallina555

Salviamo le persone, portiamole al sicuro. Tutte.

20 martedì Mar 2018

Posted by cristallina555 in 2018, Africa, Anti-Militarismo, Antifascismo, antisemifobia, antisemitismo, Apolidia, Asia, autodeterminazione, Balkan Route, Bambini soldato, Collettivo Antigone, Cristina Monasteri, Decolonizzazione, DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DELL’UOMO E DEL CITTADINO, Disobbedienza, Frontiera, Giulio Regeni, I figli della fortuna, Il silenzio dei vivi, Leva obbligatoria, Mali, Muros, Olocausto, Olocausto del Mare, Parole del Collettivo, R-esistenza, Refugees Welcome, Restiamo umani, Senza categoria, Siria, Stati Uniti, Stay Human, Sudan, syria, Tornate a Casa Vostra

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Afghanistan, aiutiamoli a casa loro, Al Quaida, Algeria, Birmania, Buonsenso, Clandestino, Darfur, Documenti, Egitto, Iraq, ISIS, lagher, Libia, Manu Chao, Migrante, Thailandia, Turchia, Ucraina, Ungheria

clandestino

fonte: http://www.treccani.it/vocabolario/clandestino/

 

Contro il divieto delle autorità.

Di nascosto.

Illegalmente.

Il termine “clandestino” ha un impiego talmente ampio, come tutte le parole sdoganate dalla narrazione tossica della politica, da essere utilizzato per esprimere il disprezzo verso lo straniero sottolineando la mancanza di regolarità della presenza del detto “straniero sull’italico territorio”.
La malafede è talmente sfacciata che si fa molta attenzione a distinguere tra “immigrati regolari” e “clandestini” quando bisogna “cacciarli da casa nostra” perché non si dica che si tratta di razzismo bensì di “buonsenso”.
Se parliamo di dati effettivi, invece, numeri e percentuali vengono snocciolati al rialzo senza mai fare presente un aspetto che risulta alquanto banale e che, ancor di più per questo motivo, lascia basiti di fronte alla faciloneria con cui certe informazioni vengono dispensate, recepite, filtrate, assimilate: come si fa a parlare di dati se i clandestini, per definizione, sono nascosti?
Si può parlare di numeri quando si documentano gli sbarchi poiché dopo uno sbarco le persone vengono contate, vestite, registrate, fotografate, rifocillate, smistate, accolte. Non sono clandestini, lo diventano quando, senza documenti e incastrati nella zona d’ombra della burocrazia italiana, tentano di passare il confine con la Francia a piedi o sui tetti dei treni, o si nascondono nel retro di un camion per raggiungere le coste inglesi.

Clandestino rispetto a cosa? Rispetto a chi?
Quali sono le autorità riconosciute e da quali Stati europei sono riconosciute? Quali documenti sono validi nel nostro paese? Quali governi democratici sono stati destituiti? Quanti sono i paesi in guerra?
In quanti altri paesi sono presenti, invece, le milizie dei fondamentalisti religiosi?
Qual è il limite di sicurezza sotto il quale è considerata “legittima” una fuga dal proprio paese?
Quanto è stupido pensare che chi scappa stia abbandonando il proprio paese? Chi lo dice? Chi poi si lamenta degli italici cervelli in fuga? Chi è scappato e vive tuttora in Gran Bretagna dall’agosto del 1980 ed è nostalgico di un piccolo omino che si travestì da Carabiniere abbandonando il paese di cui era Duce, negli anni 40?

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La verità?
Tutti si possono spostare purché non siano poveri.

Perché pensiamo che sia giusto per gli altri esseri umani vivere in alcuni paesi quando noi europei non ci andremmo nemmeno in vacanza?

In Algeria sono presenti diversi gruppi islamici fondamentalisti, da Al Quaida ai gruppi militari affiliati all’IS. A fine febbraio, dopo l’uccisione di alcuni soldati, le autorità algerine hanno dispiegato altri cinquemila militari al confine con la Tunisia per rafforzare la sicurezza del paese nel quale il rischio terroristico continua a essere elevato.
In Egitto è in corso una “guerra contro il terrorismo” che porta a centinaia di sparizioni forzate perpetrate da parte dell’esercito (vedi l’approfondimento sul rapporto di Amnesty International).
In Libia è in corso una guerra civile e non sappiamo ancora quanto il paese si senta minacciato dalle dichiarazioni del fascista Di Stefano il quale vaneggiava di un protettorato su gran parte del territorio libico.
In Libia, inoltre, grazie ai trattati con l’Europa, ci sono i campi di concentramento. Non vogliamo esagerare, vorremmo poter dire che si tratta di uno scherzo, di un’infelice iperbole.
Invece, lo ripetiamo, in Libia ci sono i campi di concentramento per i migranti esattamente come fino agli anni Trenta ci sono stati i campi di concentramento (sedici in Libia ma anche in Eritrea e Somalia che, ricordiamo, erano tutte colonie italiane), per detenuti politici ma anche detenuti comuni, per tribù di ribelli e per i deportati.
Il Mali è travagliato da una guerra civile tra ribelli e forze governative che si protrae da sei anni. L’aiuto che è riuscita a dare l’Europa “a casa loro”? L’esercito francese con altre armi, altri spari, altri morti.
In Nigeria Boko Haram continua a seminare il terrore con attentati kamikaze in cui l’attentatore è solitamente una donna rapita mentre era a scuola.
Il Sudan è martoriato da anni da guerra e carestie. Le persone muoiono di fame in Darfur.

A Oriente la situazione è altrettanto drammatica.
La Siria è stata sventrata dalle bombe, rase al suolo le sue città, massacrata la popolazione civile.
La Turchia di Erdogan fa strage di curdi ad Afrin col prestesto di scacciare i terroristi e con la complicità di Europa, Russia e Stati Uniti.
Mi chiedo se l’angelo contro la guerra regalato dal Papa a Erdogan sia da prendere o meno come un insulto agli innocenti uccisi.
L’Afghanistan e l’Iraq stanno ancora pagando il prezzo della pace esportata dall’occidente a suon di bombe.
In Birmania le persone sono costrette a scappare per non finire vittime di una vera e propria pulizia etnica che continuiamo a ignorare.
La Thailandia è governata dall’esercito sin dal golpe di quattro anni fa.

L’Europa non può certo considerarsi lontana dai venti di guerra: non si parla quasi più di Ucraina ma il conflitto tra i ribelli sostenuti dal governo russo e le truppe del governo ucraino prosegue dal 2014.
Viktor Orban governa l’Ungheria dal 1998 e durante il suo ultimo mandato (iniziato nel 2014), ha messo in discussione la forma di governo occidentale di stampo democratico e liberale a favore di un nazionalismo autoritario che sfrutta ancora il terrore rosso in un abile azione demagogica in cui l’opposizione è pressoché inesistente (salvo il partito neofascista Jobbik).

Perché continuiamo a farci prendere in braccio dalla faciloneria e dalla disonestà di omuncoli che aspirano al potere sulle spalle dei poveri? La povertà non ha confini geografici nonostante si cerchi di nasconderla sotto i tappeti con Daspo insani e pericolosi i quali portano alla legittimazione della “pulizia strada per strada” molto redditizia in tempi di campagna elettorale e molto pericolosa allo stesso tempo.

Il Nazionalismo è una bandiera che nasconde ingiustizia sociale, fomenta l’ignoranza e asseconda le conclusioni facili, duali in cui c’è un buono e, per contrappeso, deve esserci un cattivo.
La fobia del terrorismo islamico ha portato al vero terrorismo italico. A farne le spese sono sempre gli Ultimi e gli Innocenti.
Riusciamo a capire che “aiutarli a casa loro” è una bestemmia contro il diritto alla vita?

L’unico modo per aiutarli a casa loro, in tutta onestà e in quanto cittadina di un paese che invecchia e muore (conviene anche a noi, suvvia), è di andare a prenderli.

Tutti.

Organizziamo voli charter per andare a prendere tutti: gli ultimi, i perseguitati, gli afflitti, i miti, i poveri di spirito, quelli che hanno fame e sete di giustizia. Non ci saranno irregolari, non ci saranno clandestini, non ci saranno altri sepolti nel cimitero del Mediterraneo, non ci saranno altri olocausti nei lagher libici, nelle gabbie Ungheresi, sui confini spinati dei balcani, non ci saranno bambini morti, generazioni cancellate, stupri di guerra, sparizioni forzate.
Pensate, non ci saranno più nemmeno i cocci delle fioriere.

Portiamoli al sicuro, salviamoli. Tutti.

di Cristina Monasteri

Aginaw – Breve viaggio in Guinea Conakry

14 mercoledì Mar 2018

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a casa loro, Aboubacar Camara, Africa, aiutiamoli a casa loro, Alpha Condé, Amnesty International, casa loro, Conakry, Guinea, La voix du peuple, Tornate a Casa Vostra

La Guinea è uno stato dell’Africa occidentale che si affaccia sull’Oceano Atlantico e confina con Mali, Senegal, Costa d’Avorio, Liberia, Sierra Leone e Guinea Bissau.
Il nome deriva dal berbero aginaw il cui significato originario è “terra dei negri” (adottato dai portoghesi)

Guinea_C

fonte: Google Maps

Spopolata dalla tratta degli schiavi, la Guinea è stata colonia francese dal 1890 al 1958, anno in cui ha avuto inizio il governo non democratico di Ahmed Sékou Touré, in carica fino al 1984. La forma non democratica di governo, diciamo pure dittatoriale considerato il controllo sui media, prosegue con Lansana Conté fino al 2008, anno della sua morte. Continua a leggere →

Giocattoli rotti.

07 mercoledì Mar 2018

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Argentina, Boko Haram, Bosnia, Congo, Elsa Morante, Guerra, I Giorni delle Donne, Michelangelo Mignosa, Nanchino, Ruanda, Stupri di guerra, stupro

Dapchi, stato dello Yobe – la sera di lunedì 19 febbraio, il Government Girls Technical College della città nigeriana ha subìto un attacco da parte delle milizie di Boko Haram durante il quale più di un centinaio di studentesse sono scomparse.
Nei giorni seguenti alcune delle studentesse fuggite per nascondersi dai terroristi sono tornate a scuola.
Molte di loro hanno camminato per decine di chilometri nella foresta pur di non essere portate via dalle milizie degli integralisti.
Il bilancio, all’indomani dell’attacco, ammontava a 111 studentesse scomparse; due giorni dopo, 48 di loro sono tornate a scuola ma, a una settimana dall’attacco, molte studentesse mancano ancora all’appello.
Il Presidente nigeriano Buhari ha inviato i suoi ministri nella regione per poter raccogliere informazioni utili alla pianificazione di un intervento contro i terroristi.

Dopo l’attacco del 2014 a Chibok (stato del Borno) durante il quale furono rapite 276 studentesse sollevando la mobilitazione della comunità internazionale con la campagna #BringBackOurGirls, Continua a leggere →

L’ignoranza è forza*

31 mercoledì Gen 2018

Posted by cristallina555 in 2018, Africa, Antifascismo, antisemifobia, antisemitismo, Collaborazioni, Collettivo Antigone, Cristina Monasteri, Decolonizzazione, Disobbedienza, Fotogiornalismo, Giorni della Memoria, I Giorni della Memoria 2018, Il silenzio dei vivi, Nazismo, Olocausto, Olocausto del Mare, Senza categoria

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«Si capisce», rispose. «I morti da poco sono più vicini a noi, e appunto per questo gli vogliamo più bene. Gli etruschi, vedi, è tanto tempo che sono morti» – e di nuovo stava raccontando una favola –, «che è come se non siano mai vissuti, come se siano sempre stati morti».

Giorgio Bassani, Il giardino dei Finzi Contini.

 

Due anni fa riflettevamo (qui ) sul lavoro di Giorgio Boatti in merito ai docenti che dissero “no” al fascismo, rifiutando di giurare la propria fedeltà al regime.
Oggi, ancora e sempre, torniamo a riflettere sul significato di memoria.

Memoria, sostantivo femminile. In generale, la capacità, comune a molti organismi, di conservare traccia più o meno completa e duratura degli stimoli esterni sperimentati e delle relative risposte […] l’atto e il modo con cui la mente ritiene o rievoca non in generale, ma singole e determinate immagini, nozioni, persone, avvenimenti […] il ricordo, la reputazione, il concetto che una persona lascia di sé, la sua presenza nello spirito dei sopravvissuti o dei posteri […] onorare il ricordo di persone o anche di fatti  […] Annotazione, appunto, destinato a documentare un fatto, a impedire che sia dimenticato o non ricordato con esattezza… Continua a leggere →

Da Artemisia ad Asia. L’Italia che giudica.

22 mercoledì Nov 2017

Posted by cristallina555 in 2017, Collettivo Antigone, Cristina Monasteri, Disobbedienza, Giorni delle Donne, I Giorni delle Donne, 2017, Il Corpo delle Donne, ll Corpo delle Donne, R-esistenza, Restiamo umani, Senza categoria

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Alcamo, Artemisia Gentileschi, Asia Argento, Carabinieri, Codice Penale, Delitto d'onore, denuncia, Denunciare, Don Guidotti, Emancipazione, femminicidio, Franca Viola, Ghira, Giuditta e Oloferne, Guido, Il Resto del Carlino, Ipocrisia, Izzo, Lega Nord, Libero Quotidiano, Massacro del Circeo, Matrimonio riparatore, Matteo Salvini, Melodia, Reato, Repubblica, stupro, Violenza, Wilma Montesi

Femminicìdio s. m. – Termine con il quale si indicano tutte le forme di violenza contro la donna in quanto donna, praticate attraverso diverse condotte misogine (maltrattamenti, abusi sessuali, violenza fisica o psicologica), che possono culminare nell’omicidio. Questo tipo di violenza affonda le sue radici nel maschilismo e nella cultura della discriminazione e della sottomissione femminile: le donne che si ribellano al ruolo sociale loro imposto dal marito, dal padre, dal fidanzato vengono maltrattate o uccise.

Enciclopedia Treccani – Lessico del XXI Secolo

Sul caso Weinstein si sono ormai espressi tutti, dal mondo del giornalismo a quello del bar Sport: chiunque ha fornito opinioni, molti hanno ceduto alle insinuazioni, tanti si sono spinti oltre la decenza.
L’impressione è che la pretesa di ulteriori “prove” nei confronti di chi ha denunciato abbia avuto un peso maggiore rispetto al riconoscimento di un sistema malato e degli stessi colpevoli.
L’indignazione, soprattutto al di qua delle Alpi, non è esplosa in tutto l’auspicabile fragore perché parliamo di una consuetudine accettata e considerata accettabile per via di un supposto compromesso che agisce sulle dinamiche del mondo dello spettacolo (e non solo). L’indignazione è stata soffocata dalle illazioni, dalla “denuncia alla luce di chi la sporge” ma anche “alla luce di chi la riceve”.

“Perché non hanno denunciato prima? Perché aspettare vent’anni?”
Siamo sicuri che, se gli abusati avessero denunciato prima, l’opinione pubblica sarebbe stata in grado di reagire in modo sano?
Siamo proprio sicuri che, se gli orchi non fossero stati potenti, l’opinione pubblica (e parte del mondo dell’informazione e della politica), avrebbe reagito allo stesso modo?

Continuo a pormi queste domande e, visto il mio amore per la Storia, non fanno che tornarmi alla mente alcuni nomi.

Nomi di donne che testimoniano quanto il sistema di delegittimazione delle vittime sia antico, consolidato e proprio di una società maschilista che giuridicamente si è evoluta solo alla fine del Novecento ma che conserva, generalmente, una inclinazione alla colpevolizzazione del più debole.

Artemisia Gentileschi, pittrice romana contemporanea di Caravaggio, fu introdotta alle Belle Arti dal padre Orazio, anch’egli pittore, che ne riconobbe da subito il talento affidandola diciottenne agli insegnamenti di Agostino Tassi che l’avrebbe seguita nello studio della prospettiva.  Continua a leggere →

Volevamo (anche) le rose

02 mercoledì Ago 2017

Posted by cristallina555 in 2017, Africa, Ambiente, Collettivo Antigone, Cristina Monasteri, Decolonizzazione, Etiopia, Kenya, Olocausto del Mare, Refugees Welcome, Restiamo umani, Senza categoria

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colonialismo, Derg, Eritrea, Etiopia, europa, Fiori, Generale Badoglio, Haile Selassie, Kenya, Olanda, Rose, Sher, Viceré Graziani, Vittorio Emanuele III, World Food Programme

L’Etiopia è quel paese del Corno d’Africa che, nel 1935, venne annesso all’Africa Orientale Italiana conferendo a Vittorio Emanuele III il titolo di Imperatore.
Sotto la guida del Generale Badoglio (lo stesso che, il 9 settembre 1943, abbandonò Roma insieme ai Savoia per riparare a Brindisi), l’esercito italiano si oppose alla resistenza etiope e, in barba all’appello dell’Imperatore Haile Selassie nei confronti della Società delle Nazioni, entrò ad Addis Abeba nel 1936.
L’anno seguente (lo stesso 1937 dell’Incidente di Nanchino), gli italiani si macchiarono del massacro di trentamila etiopi in risposta all’attentato nei confronti del Viceré Graziani, detto “il macellaio del Fezzan”; soprannome che il generale si guadagnò per via delle sue azioni contro i ribelli libici i quali, durante l’omonima battaglia del 1929-1930, vennero perseguitati fin oltre il confine algerino.
Dopo la campagna dell’Africa Orientale negli anni Quaranta, in cui l’Impero Britannico conferì piena sovranità all’Etiopia, il paese venne convertito in regione confederata insieme all’Eritrea.
Nel 1974, a causa della morsa di carestia e siccità, il malcontento della popolazione sfociò in una serie di manifestazioni contro il governo e Haile Selassie venne destituito a settembre dello stesso anno da una giunta militare filo sovietica (Derg), guidata da Menghistu Haile Mariam. L’azione provocò disordini e insurrezioni finché, nel 1977, una coalizione formata da URSS, Cuba, Germania dell’Est, Yemen e Corea del Nord inviò quindicimila truppe da combattimento che contribuirono alla conta di mezzo milione di vittime. Continua a leggere →

Memoria, Reminiscenza o Ricordanza?

19 mercoledì Lug 2017

Posted by cristallina555 in 2017, Collettivo Antigone, Palermo, R-esistenza, Senza categoria, Testimonianze

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Antimafia, Capaci, Collaboratori di Giustizia, Giovanni Falcone, memoria, Palermo, Paolo Borsellino, ricordanza, riminescenza, Via D'Amelio

Memoria: da mèmor, che si ricorda; è la facoltà di ritenere e riprodurre i pensieri primitivi senza che ritorni l’occasione che li suscitò. Cosa data, lasciata o posta in contrassegno per ricordare.
A parlare propriamente, Memoria è la facoltà di ritenere; Reminiscenza la facoltà di richiamare alla mente le cose apprese e Ricordanza lo stato passivo della mente, alla quale senza sforzo e ricerca si presentano le cose altra volta apprese.

Avevo 8 anni.
Ricordo, stavo mangiando una cotoletta davanti alla tele. La nonna me l’aveva tagliata a pezzetti seminando nel piatto briciole unte di pan grattato. Stavo accucciata sul tappeto, annoiata dall’inizio improvviso del tigì, un gomito appoggiato al tavolino di vetro. La tele trasmetteva immagini che non comprendevo fino in fondo anche se avevo la netta sensazione che fosse successo qualcosa di grave.
Un incidente, doveva essere stato quello a bloccare la strada.
Dalle parole dei giornalisti capii che, no, non era stato un incidente.
L’attentato – imparai una nuova parola quel giorno – aveva causato la morte di molte persone.

“Capaci”, diceva il cartello.
Capaci di cosa? – mi chiedevo, masticando la carne ormai fredda.

Guardavo il retro di un’automobile bianca che stava ferma in mezzo alla carreggiata, sepolta e circondata di detriti. Pezzi di asfalto, polvere, pietre. Poi, altre auto con i vetri in frantumi e le lamiere bollate.
Tra i rottami vi erano uomini che si guardavano intorno: le facce incapaci di qualsiasi espressione, gli occhi sbarrati e lo sguardo disorientato di chi torna a casa e la trova rasa al suolo. Stavano in piedi sui pezzi di strada che, saltati in aria, erano atterrati uno sopra l’altro. I lembi d’asfalto, così mal disposti, mostravano un cratere di terra che si allargava fino ai terreni limitrofi, tra gli ulivi e i cespugli che crescevano alle porte di Continua a leggere →

Perché tu possa ascoltarmi

12 mercoledì Lug 2017

Posted by cristallina555 in America Latina, Antifascismo, Apolidia, Collettivo Antigone, Cristina Monasteri, Desaparecidos, Disobbedienza, Dissidenti, Esilio, español, Pablo Neruda, Poesia, R-esistenza, Restiamo umani, Senza categoria, Spanish

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Pablo Neruda

I dittatori

È rimasto un odore tra i canneti:
un misto di sangue e carne, un penetrante
petalo nauseabondo.
Tra le palme da cocco le tombe sono piene
di ossa demolite, di ammutoliti rantoli.
Il delicato satrapo conversa
tra coppe, colletti e cordoni d’oro.
Il piccolo palazzo luccica come un orologio
e le felpate e rapide risate
attraversano a volte i corridoi
e si riuniscono alle voci morte
e alle bocche azzurre sotterrate di fresco.
Il dolore è celato, simile ad una pianta
il cui seme cade senza tregua sul suolo
e fa crescere al buio le grandi foglie cieche.
L’odio si è formato squama su squama,
colpo su colpo, nell’acqua terribile della palude,
con un muso pieno di melma e silenzio.

–

Los dictadores

Ha quedado un olor entre los cañaverales;
una mezcla de sangre y cuerpo, un penetrante
pétalo nauseabundo.
Entre los cocoteros las tumbas están llenas
de huesos demolidos, de estertores callados.
El delicado sátrapa conversa
con copas, cuellos y cordones de oro.
El pequeño palacio brilla como un reloj
y las rápidas risas enguantadas
atraviesan a veces los pasillos
y se reúnen a las voces muertas
y a las bocas azules frescamente enterradas.
El llanto está escondido como una planta
cuya semilla cae sin cesar sobre el suelo
y hace crecer sin luz sus grandes hojas ciegas.
El odio se ha formado escama a escama,
golpe a golpe, en el agua terrible del pantano,
con un hocico lleno de légamo y silencio.

 

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Nel giorno della nascita di Pablo Neruda, Continua a leggere →

Riflessioni a vent’anni dalla morte di Iqbal Masih

05 mercoledì Lug 2017

Posted by cristallina555 in 2017, Cristina Monasteri, Lavoro Minorile, Refugees Welcome, Restiamo umani, Senza categoria

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Iqbal, Iqbal Masih, Minori non accompagnati, Schiavitù, Sfruttamento

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Iqbal Masih era un bambino che a quattro anni già lavorava in una fornace.
Un anno più tardi, nel 1988, fu venduto dalla sua famiglia a un mercante di tappeti per poter saldare un debito di dodici dollari.
Dodici dollari per stare incatenato a un telaio per dodici ore al giorno, forse più.
Dodici dollari per essere malmenato e malnutrito.
Dodici dollari per subire danni fisici e psicologici irreparabili.
Dopo quattro anni di lavori forzati nella fabbrica di tappeti, Iqbal partecipò insieme ad altri bambini reclusi come lui, a una manifestazione contro i lavori forzati organizzata dal Bonded Labour Liberation Front di Ehsan Ullah Khan. La partecipazione al corteo accese in Iqbal la volontà di ribellarsi allo sfruttamento e, nonostante le botte, si rifiutò di tornare al lavoro. Iqbal si ribellava al ricatto immorale di chi pretendeva che un bambino pagasse con la propria infanzia un debito che, invece di diminuire, aumentava a causa delle pretese del padrone di recuperare i soldi spesi per il poco cibo somministrato al suo schiavo.
La manifestazione a cui anche Iqbal riuscì a partecipare, consentì di ottenere l’abolizione del Bonded Labour System.
La famiglia di Iqbal, in seguito alle minacce ricevute, fu costretta ad abbandonare il villaggio e il bambino venne ospitato in una casa gestita dal BLLF, dove potè proseguire gli studi.

“Nessun bambino dovrebbe impugnare mai uno strumento di lavoro. Gli unici strumenti di lavoro che un bambino dovrebbe tenere in mano sono penne e matite”.

Iqbal diventò il portavoce della disperata condizione di schiavitù in cui si trovavano milioni di bambini e i suoi viaggi internazionali contribuirono finalmente alla diffusione di un dibattito circa i diritti dell’infanzia.
Nel 1994 Iqbal partecipò a una campagna di boicottaggio dell’acquisto di tappeti pakistani e questa sua azione ebbe un’eco internazionale tanto da portare le autorità del suo paese alla chiusura di molte fabbriche.

Era il giorno di Pasqua del 1995. Iqbal aveva dodici anni; Continua a leggere →

Portami Via, diario di una migrazione

21 mercoledì Giu 2017

Posted by cristallina555 in 2017, Cinema, Cinema Italiano, Collettivo Antigone, Cristina Monasteri, Esilio, Exile, Libano, Olocausto del Mare, Refugees Welcome, Restiamo umani, Senza categoria, Sguardi dalla Siria, Siria, Sostenibilità, Testimonianze, Torino

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Assad, Comunità valdese, Corridoi Umanitari, europa, Famiglia Makawi, Hannah Arendt, Integrazione, Marta Santamato Cosentino, ONU, Portami Via, Sant'Egidio, Torino, Turchia, Valdesi

Da Tripoli a Via Tripoli! – scherza Jamal, padre e marito che, per fuggire alle persecuzioni di Assad, ha guidato la sua automobile dalla Siria al Libano per portare la sua famiglia lontana dalla persecuzione; poi dal Libano alla Turchia e infine l’Italia: Torino, dove il 13 giugno al cinema Lux è stato proiettato “Portami via”. Un viaggio nelle migrazioni e attraverso il percorso di una famiglia siriana,  dal Libano all’Italia. 

Prima del film è stato possibile approfondire la condizione dei rifugiati in Libano, dove un quarto della popolazione è costituita da migranti, grazie al lavoro di Jean-Claude Chincheré. Il progetto “Beirut e i rifugiati siriani in Libano”, mostra le condizioni in cui sono costretti a vivere i rifugiati a Tripoli e nei campi profughi di confine.

“Portami Via”, Il documentario di Marta Santamato Cosentino, è il racconto di un privilegio che dovrebbe essere un diritto: i Corridoi Umanitari, di cui poco si parla e che potrebbero invece essere la soluzione all’Olocausto del mare, alla crisi dei flussi migratori degli ultimi anni che ci ostiniamo a definire una emergenza da risolvere con misure temporanee, inadeguate e prive di rispetto per la dignità umana.

Portami_Via

Portami Via, regia: Marta Santamato Cosentino

Il lavoro di Santamato è il diario intimo e delicato di una migrazione che, attraverso le differenti età dei membri della famiglia, ricostruisce un quadro fatto di ricordi e aspettative, desideri e curiosità e voglia d’integrazione.
Chissà se a Torino c’è un mercato dove poter fare la spesa, chissà che ortaggi si cucinano in Italia, chissà come sono le persone lì; Milano, Roma. Torino, Juventus.
Si sono informati i Makawi e fanno l’inventario del contenuto dei bagagli mentre i ragazzi, eccitati per la partenza, ripetono numeri e frasi fatte che saranno utili per comunicare con gli italiani.

La famiglia Makawi guarda con malinconia le fotografie della vita prima della guerra: un terrazzo pieno di fiori, la luce del giorno e i sorrisi dei bambini, feste e compleanni, il salotto dove ricevere gli ospiti, l’Università, il lavoro.
Jamal, arrestato molte volte, è stato incarcerato per

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